I 60 anni di un amico

Ieri abbiamo festeggiato i 60 anni di un amico. Eravamo in tanti, e non ci vedevamo – tutti insieme – da molto tempo. Negli anni ’70, quando avevamo poco più di 20 anni, facevamo politica insieme, e insieme ci dividevamo la vita. Dopo, con alcuni abbiamo continuato a frequentarci, con altri meno. Alcuni (molti) hanno continuato a fare politica, altri hanno scelto strade diverse. Ritrovarsi ieri è stata come una full immersion nella memoria individuale e collettiva: aneddoti, goliardate, battaglie vinte o perse ma sempre giocate con passione, ricordi in cui la dimensione privata è inestricabilmente legata alla vicenda pubblica di quegli anni “intensi e disordinati”. Ritrovarsi è stato finanche un piacere fisico: l’occasione per dirsi “siamo invecchiati, ma tutto sommato non siamo messi male”, per toccarsi, baciarsi e abbracciarsi con un trasporto vero, non finto e formale.

Io combatto ogni giorno contro la nostalgia, un sentimento che non mi piace e da cui non vorrei essere toccato. Mi ha sempre dato molto fastidio sentire dire: “Una volta le cose andavano meglio”. Lo dicevano i miei nonni, e qualche volta i miei genitori; lo hanno detto sempre – nella storia – le vecchie generazioni, quando il mondo gli sfugge di mano. In realtà non è mai così. Il mondo migliora, evolve: migliorano le condizioni di vita, crescono le aspettative, si allargano i nostri orizzonti. Eppure, con il passare degli anni, cresce in ognuno di noi un piccolo tarlo che ci divora: quando il presente non ci soddisfa, ci rifugiamo nel passato e lo esaltiamo. Del presente vediamo solo, o prevalentemente, i limiti; del passato ci piace vedere e ricordare solo le cose belle.

Ieri sera ho subito (abbiamo subito, noi vecchi figgicciotti) una violenta aggressione da questo sentimento canagliesco. Da oggi riprende la vita, e il futuro.

ps. Per il nostro amico sessantenne il geniale Gregorio Paolini ha preparato questo video (parte I, II, III)