Il vecchio co-arnese, amico e compagno di avventure editoriali FR ci va giù pesante, con la storia del nobile antifascista MD’A che contrasta solingo le peggiori derive della società contemporanea. E’ la posizione di un moralista onesto e colto, in cui convivono l’antico rigore del comunismo sabaudo e l’irriducibile individualismo azionista, il gusto dell’andare controcorrente, il disprezzo per la canizza mediatica e romana tutta pronta, ora, a crocifiggere MD’A dopo averne esaltate le gesta… tutte le ragioni per cui non si può non voler bene a FR.
Ma stavolta l’esplosione del socio proprio non la condivido. E non perché sia del tutto fuori luogo l’analisi. Si può discutere – ad esempio – se sia il caso di riesumare una specifica categoria novecentesca (il fascismo) per spiegare il passaggio traumatico di Tangentopoli e le cose di oggi. Ci si può infastidire per l’abbondanza di “ismi” responsabili dei mali del mondo, ma ci può stare, se dentro ci mettiamo Grillo, i viola e Micromega oltre al solito Berlusconi. Però non c’è dubbio – questa è, direi, la tesi di fondo – che dalla sconfitta della politica non è emerso finora un nuovo ordine particolarmente entusiasmante.
E allora, dove è il punto che non convince? Come spesso avviene è annidato quasi nelle pieghe. “Cultura civile ridotta al minimo”, “la manipolazione mediatica” che trionfa: insomma, dice FR, la società nella quale viviamo ci fa un po’ schifo. Come a dire era meglio prima. Io non la penso così. Oggi viviamo in una società più ricca, aperta, informata. Si parla, si naviga, si manifesta, si vive dentro un mare di libertà, altro che fascismo. E, se sono cambiate le forme della “cultura civile” e sono più sofisticate le “manipolazioni mediatiche”, è semplicemente perché dopo la ruota sono arrivati i treni a vapore, e dopo i motori a scoppio. E’ il mondo che cambia, baby.
Allo stesso modo, nessuno mi farà rimpiangere equilibri più avanzati e convergenze parallele. La politica che io e FR abbiamo conosciuto – e che è inesorabilmente finita – era imbrogliona come quella di oggi, anzi di più. Perché nascondeva il piccolo, umano cabotaggio dietro i fumi delle ideologie. E ingannava il popolo assai più di un qualunque caudillo dei nostri giorni: c’è più demagogia e populismo nel “meno tasse per tutti” dell’oggi che ne “il Pci cambierà/questa sporca società” dei tempi andati?
Era solo un po’ più ipocrita e soporifera, la “nostra” politica. Come ormai soporifere sono le giravolte della politica di MD’A, che peraltro non è affatto portatore coerente e instancabile delle nobili tesi di FR. Negli ultimi dieci anni, MD’A ha inneggiato ai partiti e alle coalizioni, ha aperto alle società civili e alle primarie, ha occhieggiato alla sinistra e alla destra. Fino a trovarsi inesorabilmente vittima delle proprie macchinazioni. Dunque, se è condivisibile un sentimento di umana partecipazione per le sue sventure, non mi sembra il caso di erigergli un monumento. Tanto più che non è escluso che stia già preparando altri casini, dall’ultimo scrannetto che ha rimediato.