Le inutili chiacchiere sulla corruzione

Il palinsesto italiano mette in scena in questi giorni la pièce “Attenti alla corruzione”. Sarebbe spuntata come un fungo dopo le piogge di queste settimane, dicono le cronache. Molti pensano che con la primavera elettorale svanirà: nessuno ne parlerà più, come nelle migliori tradizioni della nostra compagnia di giro politico-mediatico-giudiziaria.

Ma per ora a teatro c’è il tutto esaurito. Ai protagonisti di sempre – il vecchio trio Lescano del moralismo Travaglio-Di Pietro-De Magistris – si sono aggiunti i siparietti dell’apocalittico Galli Della Loggia (“La corruzione e le sue radici”: siamo bacati dentro, mi salvo solo io); il pol-pop Bersani (“L’occasione fa l’uomo ladro”: si annunciano successive riflessioni su mezze stagioni e zampini di gatte); il prudentissimo Pisanu (“La corruzione è dilagante, l’Italia può rimanere schiacciata”: un tipico detto-non detto di stampo moroteo); e naturalmente Berlusconi, il più figo di tutti, che, per non restare fuori del palcoscenico, ha addirittura preparato un bel decreto contro i birbantelli.

Chiacchiere. Inutili, controproducenti, buone solo per fare propaganda, creare allarmismi e magari ulteriori bardature burocratiche. Unica conseguenza certa, una nuova caduta di credito e di autostima del paese.

Solo in due – Fini e Montezemolo – hanno detto qualcosa di sensato: “Il compito della politica è riformare la cosa pubblica”; “Colpa delle riforme mancate”. Fuochino. La rinuncia alle riforme è una delle ragioni di fondo dell’attuale emergenza-corruzione. E’ come se la politica – bruciata dai molteplici tentativi falliti, e abdicando alle sue funzioni fondamentali – lanci da tempo a tutti un messaggio disperante: il sistema è strutturalmente malato e irriformabile. Ergo: ognuno faccia quel che crede.

Calate questa impotenza, questa assenza di visione e di leadership, su un paese non particolarmente dotato di spirito pubblico, e otterrete il risultato. Scontato, matematico. In un sistema che fa acqua da tutte le parti, la corruzione diffusa non può che aumentare.

Se questo è il quadro, invece di urlarsi addosso, flagellarsi, giustificarsi, denunciare, titolare, esagerare, bisognerebbe fare una sola cosa. Tornare, con un inopinato scatto di serietà, a parlare di riforme. E magari a farle. Ma temo che non avverrà, e che dovremo sorbirci molte repliche della pièce, almeno fino alle prossime elezioni.