Tremonti sta diventando D’Alema

Giulio Tremonti ha rilasciato stamattina un’imponente intervista (due paginate) al Corriere della Sera. È riuscito a citare “La paura e la speranza”, “Il fantasma della povertà” e “Lo Stato criminogeno”: tre suoi libri che, a distanza di tempo, ci hanno spiegato cosa succede al mondo, sulla base di tesi di volta in volta radicalmente diverse, ma sempre diffuse come il Verbo Ultimo.

Ci ha ricordato – ohibò – che la parola accisa non deriva dall’inglese ma dal latino. Invidioso dell’acronimo PIGS, che indica i Paesi con economie sporche e a rischio (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna), il nostro Vate se ne è inventato un altro (FIRE) per bacchettare quei paesi dove prevalgono la Finanza, le assicurazioni (Insurance) e il Real Estate. Cioè dove l’economia di carta si mangia l’economia reale, altra formula citata ma non inventata da Tremonti, visto che il vecchio comunista Alfredo Reichlin – ha compiuto qualche giorno fa 85 anni, auguri! – la va ripetendo da decenni, per crocifiggere il capitalismo dei tempi nostri. Infine, novello Einstein, il Ministro ha collocato la sua poderosa analisi dentro un quadro di ascisse e coordinate dettate dallo spazio e dal tempo… e qui forse è il caso di soprassedere.

Poi, tra un assioma e un calembour, il Nostro si è ricordato di essere il responsabile pro-tempore dell’economia italiana, ma solo per dire che non c’è niente da fare in “un paese con 58 milioni di abitanti, due milioni e mezzo di invalidi e un’evasione colossale”. E ha concluso, trionfante, che gli piacerebbe una norma che dica: “Tutto è libero, tranne ciò che è vietato dalla legge penale o europea”. All’obiezione di Cazzullo (“ci vorrebbe una riforma costituzionale”), ineffabile ha dichiarato: “La firmerei”. E la manovra in discussione in queste settimane? Niente, neppure la dignità di un accenno fugace nelle alate parole del Ministro.

Ora, sia chiaro, mille volte meglio un’intervista di Tremonti che cento delle fesserie dette quotidianamente da tutto il mazzo dei politici nostrani. Ma, proprio mentre lui parlava con Cazzullo, Berlusconi affidava a Letta la assoluta titolarità delle ultime trattative con il Quirinale per la firma sulla manovra. Non che dai suoi uffici fossero uscite norme rivoluzionarie, ma è certo che Vestali della Cultura, Custodi delle Province, Paladini degli Enti nelle stesse ore hanno lavorato di fino per eliminare parecchie delle misure di buon senso annunciate. Di tutto questo il nostro non è sembrato preoccuparsi, impegnato a espandere sul Corriere il proprio già sviluppatissimo Io.

In secondo luogo, non aiuta il pessimismo cosmico che il Ministro spande a piene mani, nell’intervista e non solo. Non è tanto o solo la mancanza, nella manovra, di misure per il rilancio dello sviluppo a preoccupare, quanto la loro assenza dall’agenda mentale di Tremonti. È come se fossero ritenute fuorvianti e inutili, in un Paese che le sue analisi vedono votato inesorabilmente al declino.

Infine, se mi è permesso, l’intervista di Tremonti mi ha ricordato da vicino diverse uscite di un altro politico italiano – anche lui intelligente by definition, non particolarmente simpatico e dall’Ego piuttosto sviluppato – abituato a motivare, sempre ex-post, cambi di analisi, mutamenti di scenari, e soprattutto sconfitte. Non è che il divo Giulio sta percorrendo la stessa china?