Al voto, subito

L’Italia si libererà di Berlusconi, a quanto pare abbastanza presto, perché nel circuito della cosiddetta classe dirigente (politica, imprenditoria, media) l’insofferenza nei suoi confronti ha raggiunto un punto di non ritorno. Il problema è che tutto avverrà nella maniera peggiore, senza che si sia effettivamente consumato il rapporto di Berlusconi con gli italiani.

Ci libereremo del Cavaliere con una bella manovra di Palazzo. Risuoneranno da una parte alte grida di tradimenti e ribaltoni; risponderanno i vibranti appelli del nuovo Cln alla necessaria deberlusconizzazione: prima di tutto morale – si capisce – come chiede quello stinco di santo di Scalfari. E al governo torneranno quelli di sempre. Più educati, forse. Rispettosi delle forme istituzionali, disquisitori di riforme elettorali, ruoli del Parlamento, prerogative del Quirinale. Magari non puttanieri (ma non è detto). Ci torneranno per fare le cose di sempre: qualche finta, ininfluente correzione di conti; montagne di carte per annunciare riforme che non si faranno; una legge elettorale che li favorisca; e naturalmente nomine a gogò.

Finirà la lunga stagione di questo fastidioso, ingombrante, volgare signore che – è comunque il caso di dirlo – in sedici anni, nell’insieme, ha fatto solo casino senza produrre una riforma degna di nota, provocando – unico risultato che conta davvero nel mondo globale – un calo di prestigio e di credibilità dello Stivale nel mondo. E torneremo alla calma piatta del politicamente corretto, dei minuetti di partito, al trionfo dei trasformismi dell’eterno doroteismo italico. Meglio così, diranno in molti: in fondo, è la nostra natura. La natura di un paese che non cambia mai, incapace di ammodernarsi, di avvicendare fisiologicamente le sue classi dirigenti, e via deprimendosi.

C’è un solo modo per evitare questa deriva avvilente. Se Berlusconi cade perché la sua maggioranza viene meno, bisogna tornare a votare. Con questa legge elettorale? Sì, la stessa – pessima – con la quale hanno vinto sia la sinistra (nel 2006) sia la destra (nel 2008). Ma le elezioni allarmano i mercati, dicono i nostri Soros pensando a quello del fruttivendolo sottocasa. Non è vero, perché i mercati chiedono solo chiarezza. Si preoccupano quando vedono instabilità, precarietà, incertezza, non quando si annunciano e si fanno rapidamente, in presenza di una crisi politica, elezioni generali.

Potrebbe rivincere Berlusconi? Certo, potrebbe anche rivincere: eccolo, il problema che angoscia. Potrebbe rivincere da solo (con la Lega) contro tutti, facendo a quel punto piazza pulita dei suoi avversari (e con il Quirinale in tasca). Possono correre questo rischio BersaniD’AlemaVeltroniRutelliCasiniFiniDiPietroVendola? Lo ha detto lucidamente Veltroni a Repubblica: le elezioni anticipate sarebbero un suicidio. Certamente per questa compagnia di giro, che può riunirsi in un governo da Cln, più difficilmente in una campagna elettorale.

A pensarci bene, e non nutrendo speranze in questa simpatica ammucchiata, una buona occasione ce l’hanno i rottamatori di Firenze, per dimostrare che vogliono cambiare le cose. Pronuncino un nettissimo no a governi tecnici, istituzionali, di transizione. Dicano che se cade Berlusconi il centrosinistra dovrà andare alle elezioni con una coalizione unita, un programma innovatore e riformista, un nuovo candidato premier. A quel punto in molti andranno dietro a Renzi, e si dimostrerà che la sua ansia di rottamare non riguarda solo le persone ma un modo di intendere la politica.