Ancora appelli. Basta

100 napoletani più che degni hanno firmato un documento a favore di Umberto Ranieri in cui si parla essenzialmente di Mezzogiorno. Sono note le modalità di raccolta di questi manifesti. Qualche persona di buona volontà e mossa dalle migliori intenzioni scrive un nobile appello e chiede ai soliti noti di sottoscriverlo, a volte senza neppure leggere loro il testo. Se il mobilitatore è credibile, al mobilitando basta sapere chi altro ha firmato; su questa base dà la propria adesione al documento. Si forma così un autorevole gruppetto di testa che incentiva alla firma l’intendenza che segue: è bene raccogliere molte adesioni, per dimostrare che una parte considerevole della classe dirigente e dei cosiddetti opinion leader condivide la buona causa. (So come funziona, ho fatto per molti anni il mestiere di agit-prop per il Pci).

Nella fattispecie la buona causa sarebbe la rinascita del Mezzogiorno e della sua “capitale”. Il testo parla chiaro: “Napoli può avviare un nuovo percorso di crescita, riuscendo a svolgere, in termini del tutto innovativi, il ruolo essenziale di punto di riferimento del Mezzogiorno… uscendo da ogni logica chiusa… proiettandosi sullo scenario del Mediterraneo, dell’Europa e delle sfide globali…”. In sostanza, cittadini siciliani, studenti calabresi, imprenditori pugliesi, invece di prendere l’aereo per Roma o Milano (o per Londra, San Francisco, Pechino, etc…) dovrebbero fare tappa a Napoli per studiare, lavorare, fare business, etc…  Analogamente, se capisco bene, dovrebbero fare tunisini e ciprioti (l’astruso richiamo al Mediterraneo non manca mai, in questo genere di documenti). Tutto questo grazie ad un ritrovato ruolo di “capitale” della nostra amata città.

Ora, io scrivo questa noticina in viaggio da Napoli a Roma, su una Tav dove ancora non funziona il Wifi promesso da Moretti e Bernabé. Migliaia di napoletani condividono ogni settimana (o ogni giorno) questo percorso, in andata e ritorno: un’ora e dieci (tra un po’ anche meno), quanto si impiega per arrivare in centro da un qualunque quartiere periferico. Sono persone (pezzi di classe dirigente ma non solo, ci sono anche i venditori di pedalini) che abitano a Napoli e lavorano a Roma, o “da” Roma verso il mondo. Non si stracciano le vesti per il fatto che Napoli non sia più capitale da alcune centinaia di anni, ma perché a Napoli non si vive bene (per usare un eufemismo). Sanno che in Puglia e in alcune aree della Sicilia vi sono livelli di crescita che Napoli se le sogna. I loro figli vanno già felicemente in giro per il mondo. Nel Mediterraneo, quando possono, ci vanno in vacanza.

Mi verrebbe quindi da proporre la stesura di un manifesto (don’t worry, sarebbe a mia sola firma) che dica una cosa del genere: “Napoli oggi ha le dimensioni di una città media, parte di una grande conurbazione con al centro la capitale d’Italia. Per non diventare solamente una periferia inabitabile di Roma deve progettare nuove funzioni produttive – in particolare legate alle potenzialità attrattive del suo bel territorio – e dotarsi di una classe dirigente onesta e laboriosa. Il resto, cioè il grosso, sarà fatto dai suoi abitanti, nelle cui mani verrà affidato il futuro della città. Chi dovesse ancora pronunciare (con riferimento al destino di Napoli) le parole: Capitale, Mezzogiorno, Mediterraneo, etc… sarà gentilmente invitato a non intralciare con parole vuote il lavoro di costruzione di una città sobria, civile e moderna”.

Il bello è che anche il mio manifesto appoggerebbe Umberto Ranieri. Per come lo conosco so quanto sia refrattario alle frasi fatte, alla retorica, ai luoghi comuni. E – per fortuna – non saranno gli appelli vergati con pigrizia intellettuale e figli di una vecchia cultura a fargli vincere le primarie e – magari – le elezioni.