Se i sondaggi sono veri

Oggi l’atlante politico di Repubblica fornisce indicazioni aggiornate sui prossimi, presumibili scenari. In sintesi, Diamanti ci dice che Berlusconi è finito: il suo gradimento è ai minimi storici. Votando oggi, perde le elezioni. Cifre alla mano: le perde alla grande (56,5 a 42,7) se prende corpo, contro di lui, il mostro della Santa Alleanza; ma perde anche – con uno scarto più contenuto – nell’ipotesi dei tre poli: Bersani-Vendola-Di Pietro al 42,7, il Centro al 20,1 e il Cavaliere con Bossi fermo ad uno stentato 36,4. Berlusconi può vincere solo se il Pd si allea con il Centro, rompendo con Di Pietro e Vendola. In questo caso, la sinistra senza il Pd salta al 28,2, Casini e Bersani prendono il 30,2, Pdl e Lega vanno al 40.

Il sondaggio è, al momento, una simulazione a freddo, di scuola. E’ vero che si percepisce nell’opinione pubblica un diffuso fastidio, frutto del combinato disposto di una crisi di cui si percepiscono gli effetti ma non si intravede la fine, e la permanente, sterile fibrillazione in cui versa la politica italiana. Ed è anche possibile che – in ultima analisi – questo fastidio si scarichi sull’assenza di governo e sulle bizzarrie di Berlusconi, più che sul palazzo di giustizia di Milano o sull’evidente afasia delle opposizioni. Ma attenzione, non siamo (ancora) in campagna elettorale. Non sappiamo quanto durerà l’effetto Ruby, la macchina da guerra berlusconiana è per ora ferma ai box, e, soprattutto, lo schieramento alternativo non ha ancora deciso che forma prenderà, in caso di voto. Si può presumere che sceglierà la strada dei tre poli, con qualche forma di desistenza che garantisca, almeno al Senato, una maggioranza anti-Cavaliere. Anche se – conoscendo abbastanza i nostri eroi – si può immaginare che ne combineranno di tutti i colori. Come nel 2006, quando le elezioni dovevano stravincerle, poi finì in pareggio. Vedremo.

Intanto, quello che personalmente mi colpisce dell’indagine di Diamanti è altro, e ne parlo sfidando l’ingresso di filato nella famosa rubrica (“E chi se ne frega”) del Cuore di un tempo. Il sottoscritto non vota – se non ricordo male – dal 2001. Un po’ perché non trovo più la tessera elettorale, ma soprattutto perché da tempo non mi riconosco negli schieramenti dati: non sono berlusconiano e l’offerta politica del centrosinistra del terzo millennio finora l’ho trovata a dir poco deludente. Di fronte agli scenari ipotizzati da Repubblica, mi troverei nella seguente, singolare condizione:

a) Con i tre poli in campo, scarterei la sinistra, evidentemente e pesantemente condizionata dai radicalismi di Vendola e dall’orribile giustizialismo di Di Pietro. Non mi sentirei particolarmente attratto da un centro ago della bilancia, magari capace di rappresentare – per esclusione – una scialuppa di salvataggio per i moderati e i non fanatizzati, ma non in grado di dare risposte alle esigenze di modernizzazione della società italiana e del suo sistema politico. Probabilmente continuerei serenamente a non votare. O forse sceglierei il buon Casini, perdendo con dignità.

b) Se lo scenario fosse quello della Santa Alleanza, troverei talmente odiosa l’idea che per liberarsi dell’orco di Arcore bisogna mettere insieme tutto e il suo contrario che, per la prima volta, penso che potrei finanche andare a votare per Berlusconi. Potrei votare a dispetto, insomma. Sempre perdendo, come molto spesso mi è avvenuto nella vita.

c) L’unico scenario per me convincente sarebbe quello di un’alleanza tra il centro e una sinistra moderna finalmente libera dai condizionamenti di giacobini e fondamentalisti. Eppure, ahimé, anche se prendesse vita questa opzione civile, moderata e riformista e io la scegliessi, addirittura con un certo entusiasmo, anche in questo caso, secondo Diamanti, mi ritroverei inesorabilmente tra i perdenti. Bella prospettiva.

Conclusione. Non so se varrà la pena, quando arriverà il momento, andare in cerca della tessera elettorale smarrita. Se lo farò, sarà per un fremito di sdegno o per un estremo soprassalto di fiducia. Sennò se la piangano loro. Si vive tranquillamente anche senza votare.