Talk show a targhe alterne, perché no?

(Sì, molto politicamente scorretto, ma così mi viene di parlarne). Sarà ingenua, impraticabile, raffazzonata, morirà in 24 ore e nessuno se ne ricorderà più, ma la proposta di “alternanza bipartisan settimanale” per i talk show in tv non mi sembra totalmente infondata. Il tema è: esiste o no uno squilibrio negli approfondimenti politici della Rai? Floris, Santoro, Annunziata, Mannoni, Vianello (e direi Fazio e Dandini): non c’è dubbio che simpatizzino per il centrosinistra. E lo danno a vedere, nelle loro trasmissioni; come, dall’altra parte, accade con Paragone, Vespa, La Rosa. Normale, dato che viviamo in Italia, non altrove. Vespa disse all’epoca “il mio editore è la Dc” e oggi il suo dante causa è Berlusconi, Santoro è tenuto lì dalla magistratura, e così proseguendo. Ad ognuno il suo padrino politico, e – di conseguenza – le tesi da sostenere, spesso in spregio alla logica e al buonsenso.

Io non li vedo questi talk, perché sono sempre pallosamente prevedibili. Si conoscono in anticipo domande e risposte, si sa quando si scatenerà la rissa, quando scatteranno gli applausi, quale sarà il tono dell’inchiesta; si sa anche quando sta per arrivare il momento dell’ilarità e di corriva complicità dell’intero salotto. In realtà hanno successo proprio per questo, gli spazi televisivi dedicati alla politica. Sono tranquillizzanti. Confermano i tifosi nelle loro credenze: Berlusconi delinquente o martire, la sinistra riserva morale o inaffidabile. Come scorrendo il più banale dei manuali di sceneggiatura, i conduttori mettono in scena il buono e il cattivo, il conflitto che si risolve ma ne apre di più grandi, non manca mai il moderno deus ex machina nella veste del sondaggista, del ricercatore, dell’economista, e poi arriva lo scontato happy ending che scalda i cuori degli aficionados. Sarebbe spiazzante, per i telespettatori al cloroformio oltre che per l’Auditel, rompere questo meccanismo. Ma forse un po’ più divertente.