Ad un certo punto, curiosando in rete, aveva scoperto tFP. Gli era piaciuto, e aveva cominciato a scrivere: note colte e argute, scritte con antica rotondità. Una sera ci convocammo goffamente in una bettola romana per chiacchierare del “futuro” di tFP, e lui venne, vecchio professionista contento e confuso in un gruppo di simpatici fresconi.
Da allora Fabrizio ed io lo abbiamo incontrato periodicamente. Lo portavamo dal cinese, che lui non amava: ordinava con toni bruschi e chiedeva piatti non previsti dal menu. Parlava, chiedeva e raccontava. La sua nuova vita, prima di tutto: compagna e figlio piccolo, non ricordo in quale cazzo di buco del Friuli. Il passato: la politica ormai morta, gli infiniti aneddoti di Montecitorio e dintorni. E il futuro, di cui parlava come ne parlano quelli di sinistra: sempre in attesa di qualcosa che deve arrivare, sapendo che non arriverà mai.
Poi, ad un certo punto, aveva smesso di scrivere per tFP. Fumantino come i giornalisti di razza, chiedeva una posizione di rispetto per i suoi pezzi. Voleva il riquadrino, in alto a sinistra. Noi, sfrantummati anarchici, qualche volta glielo davamo e qualche volta ce ne dimenticavamo.
Ora Onofrio Pirrotta se ne è andato. A noi dispiace molto. E gli diamo il riquadrino.