Il ritorno del Cavaliere

Fino a quando non sarò smentito dai fatti, continuerò a sperare che Berlusconi non si ricandidi nel 2013. Intanto io non credo che gli convenga o che gli serva, anche se non sono ignote le ragioni che lo spingono a scendere di nuovo in campo. Già solo rappattumando qualche 18/20%, terrà unite le truppe e presidierà il Parlamento, magari difendendo anche meglio i suoi interessi. Se poi nel frattempo sarà cambiata la legge elettorale e raggiungerà il 25% o di più (perché è bravo e sa fare campagna), potrà condizionare la formazione del futuro governo, magari in uno scenario di unità nazionale.

Ragionamenti non infondati, ma che non si addicono – a mio avviso – a uno come Berlusconi. Non è da lui ritrovarsi a capo di una pattuglia emarginata di duri e puri, e nemmeno essere semplice comprimario di sofisticate strategie che non padroneggia. Nel bene e nel male, Berlusconi è un protagonista. Non rinuncerà ad esserlo. E provocherà nuovi danni.

In Europa, molti troveranno nel ritorno di Berlusconi motivi per creare ulteriori difficoltà all’Italia: sarà un pessimo spettacolo, con mezzo continente che sparerà addosso al pericolo rinascente e mezza Italia che – in nome dell’antiberlusconismo – soffierà sul fuoco delle dichiarazioni scandalizzate (e interessate). In Italia i magistrati – al momento vagamente spiazzati dalla sua uscita di scena – riprenderanno a dargli addosso con violenza, e la ruota mediatico-giudiziaria tornerà ad impazzare. Sul piano politico, il ritorno di Berlusconi allontanerà sine die la nascita di una nuova classe dirigente del centrodestra. E un blocco analogo provocherà nel centrosinistra. Come ha detto l’ineffabile Alfano, “il turno del confronto delle nuove generazioni nella politica italiana sarà il prossimo ancora”.

Naturalmente Bersani ha colto al volo le opportunità che gli derivano dal ritorno di Berlusconi. “Basta con le beghe”, ha già sanzionato ieri, un minuto dopo l’annuncio del ritorno dell’amato nemico di sempre. Cioè, basta discutere di risanamento, democrazia, diritti, ricambio della classe dirigente. Il problema torna ad essere la costruzione di un roccioso schieramento antiberlusconiano, in cui lo spazio per idee nuove, confronti programmatici e altre quisquilie sarà ridotto a zero.

Ce n’è più che abbastanza, insomma, per auspicare un ripensamento del Cavaliere, per sperare che l’annuncio sia un frutto di stagione. Ma ci sono anche tutte le ragioni per credere che si stanno creando le condizioni, nel peggiore degli scenari economico-finanziari, per la peggiore delle campagne elettorali. Così vuole la vecchia Italia, direbbe Prandelli.