La hubris di Renzi

Renzi sostiene su Repubblica che, se vince le primarie (e poi le elezioni, quelle vere), sarà premier. Il ragionamento non fa una piega, ma solo se lo guardiamo dall’interno della bolla politica e mediatica che la competizione interna al Pd ha creato, e che nei prossimi mesi crescerà a dismisura.

Cerco di spiegarmi, partendo dalla considerazione ovvia che in Italia le primarie continuano ad essere totalmente estranee all’impianto istituzionale ed anche alla costituzione materiale. Nel 2013 sarà il Presidente della Repubblica (sperando che possa farlo, nella sua saggezza, re Giorgio I) a consultare i partiti dopo il voto e ad affidare l’incarico di formare il governo. Lo farà sulla base del risultato elettorale, al momento quantomai incerto, visto che non sappiamo quale sarà l’assetto degli schieramenti (dipenderà anche dall’esito delle primarie, peraltro), e neppure sappiamo con quale legge elettorale si voterà. E tenendo poi conto del contesto internazionale, come è ormai chiaro anche ai bambini. Nella primavera del 2013 saranno esaurite le ragioni che hanno portato al governo Monti? Nessun organismo europeo chiederà all’Italia una stringente e certificata coerenza con gli obiettivi dell’agenda che porta il nome dell’attuale premier?

A queste domande la già scoppiettante campagna delle primarie non sta fornendo alcuna risposta. E non potrebbe, perché questi temi – tutti – non sono nelle disponibilità dei contendenti. Di legge elettorale si discuterà ancora un po’ nei conciliaboli politico-parlamentari, per partorire in limine mortis della legislatura qualche mostriciattolo: un ottimo argomento per non affrontare oggi il tema degli schieramenti (“Signora mia, ma se non sappiamo con che legge si va a votare…”). Del futuro dell’Italia e dell’Europa i duellanti – come tutti noi – ne sanno ancora meno. Se ne parlerà dopo il voto con i nostri danti causa europei: in quel quadro si deciderà il nuovo inquilino di palazzo Chigi. (Palazzo che sarebbe intelligente non considerare particolarmente ambito, data la condizione di sovranità limitata nella quale si dovrà agire).

Viceversa, le primarie devono dare una risposta – si spera chiara – ad un’altra domanda, quella relativa alla leadership del Pd e – forse – del centrosinistra. E’ questo l’unico e solo oggetto della sfida. Chi la dipinge diversamente imbroglia.

Imbroglia Bersani, a dire “parliamo dell’Italia, non di noi”. Accettando le primarie – malgrado lo statuto del Pd gli consentisse di evitarle – ha voluto una prova di forza interna, che certo non riguarda il suo impresentabile programma di governo (con chi sta Bersani, con Fassina e i giovani turchi, o con Morando e Ichino?), ma la credibilità della sua leadership. Non pensava che la sfida sarebbe diventata mortale? Vuol dire che aveva una percezione distorta della realtà. Ora comincia a vedere come stanno le cose, fuori dell’autoreferenzialità dei riti postcomunisti.

Ma fa casino anche Renzi, quando – come stamattina su Repubblica – mette giocosamente in fila la vittoria alle primarie, quella alle elezioni e la conquista di palazzo Chigi. Molti italiani stanno pensando di investire su di lui, chiedendogli di promuovere un gigantesco cambiamento di cultura, mentalità, pratiche politiche e classi dirigenti a sinistra. Ma il processo ha bisogno di applicazione, approfondimenti e tempi dovuti. Blair, giustamente citato come uno dei grandi statisti degli ultimi decenni, impiegò ben più che un giro in camper per conquistare il Labour e poi la Gran Bretagna.

E dunque Matteo Renzi non si faccia prendere da nessuna forma di hubris praecox. Se vincerà le primarie, il risultato sarà enorme. Basterà e avanzerà per avviare una mezza rivoluzione del sistema politico. Abbandoni la fregola del governo subito, a tutti i costi. Se avrà voce in capitolo, nel 2013 lasci lì Monti e si dedichi a rifare l’Italia.

In fondo, il nostro non deve far altro che prendere molto sul serio i roboanti moniti di D’Alema e Scalfari. Con Renzi si sfascerà il centrosinistra che abbiamo conosciuto, come sostiene Spezzaferro? Sarebbe una buona, anzi un’ottima notizia. Ci sarà una mutazione antropologica della sinistra, come teme il Fondatore? Non vedevamo l’ora, diranno tanti italiani normali. Altro che palazzo Chigi: dovesse realizzare questi due obiettivi, Renzi diventerà il primo eroe popolare del terzo millennio italico.