Non è un paese per vecchi

Reduce da una serata piacevole con amici, qualche bicchiere di vino in più e una nottata difficile, leggo il pezzo della Spinelli su “Repubblica” e la giornata comincia male. Al mal di testa si aggiunge un po’ di tristezza per l’arroganza e la malafede della signora, che cecchina il giovanotto di Firenze in una escalation di violenza verbale incartata in parole difficili.

Abbonda come sempre in citazioni, la Spinelli – Rimbaud e la Bruntland, Buzzati e Girard – ma potrebbe risparmiarcele, perché la sua tesi va oltre la banalità: la rottamazione è “degradazione della persona ad oggetto servibile” (boh); il termine è figlio della rivoluzione “non solo politica, ma linguistica e di stile” di Berlusconi; anzi che dico Berlusconi, la rottamazione discende direttamente dal lessico nazista: “Entrümpelung”, repulisti, sgombero. E così il gioco è fatto: in quattro e quattr’otto Renzi diventa un nipotino di Goebbels.

Ora, il problema non è la Spinelli, che da anni ci intorcina i coglioni con la sua insopportabile spocchia. E neppure la contesa tra Bersani e Renzi, che già si sta spompando un po’, tra ricorsi legulei e nuovi e poco credibili staff.

Il problema è che in Italia non si riesce proprio a discutere delle cose con misura, onestà e senso della realtà. Non appena un tema emerge all’attenzione dell’opinione pubblica, invece di cercarne le ragioni profonde, il nucleo di verità che sempre contiene, facciamo il contrario. Lo estremizziamo per esorcizzarlo, per rimanere attaccati alle nostre comode convinzioni e convinte comodità. Progressivamente piegando i dati della realtà alle nostre esigenze, spostando il problema dall’oggetto al mondo dei principi prima, delle ideologie e dei fantasmi un attimo dopo.

E più si va avanti, più lo scontro diventa belluino, fazioso. Individuiamo il nemico, che deve essere assoluto. Lo demonizziamo per essere confermati nelle nostre umanamente flebili ragioni. Ne deformiamo i caratteri, le istanze, le proposte. Sempre e solo per restare immoti, in questo paese che ha ormai perso finanche la curiosità.

Così – tornando alla Spinelli – finisce che, contravvenendo a ragionevolezza e buonsenso, il problema italiano si rovescia clamorosamente: non è vero che siamo un paese vecchio, con la classe dirigente più vecchia del mondo, anchilosato nelle sue strutture, nella sua burocrazia, privo di ascensori sociali, che arretra da 25 anni in tutte le classifiche. No, è vero il contrario. Ad essere bistrattati sono i vecchi. Ma non – sia chiaro – i pensionati al minimo, gli anziani soli delle periferie. No, per la Spinelli gli emarginati sono – o sono stati – Bobbio, Montanelli, Levi Montalcini (e magari Scalfari, e in fondo io, è come se dicesse la signora). Tutto un mare di chiacchiere, solo per abbattere un incauto giovanotto che vuole farsi strada e – forse, ma manco ci credo più, ormai – svecchiare un po’ questo povero paese. Renzi, la personificazione del male. Ricordate Anton Chigurh, lo spietato killer dei fratelli Coen?

Uno dice: non bere troppo. Ma non erano più di tre bicchieri. Allora non leggere più la Spinelli. Sì, giuro, è l’ultima volta.