La ruota della fortuna

Per un po’ di giorni il Primario non ha scritto, venendo meno all’impegno preso. Ora – a parte la nota indolenza del soggetto – ma di che avremmo dovuto parlare? Di offerte – smentite e rigettate – di posti ministeriali, della trafila da fare per iscriversi e votare? Nei giorni scorsi, amici cari, era netta la sensazione che le primarie avessero già perso vita ed interesse, che il confronto fosse sempre più nominalistico e formale, tutto confinato dentro gli apparati allargati della sinistra, con truppe corazzate e cammellate anche sui social network.

Poi sono successe due cose. Il giro d’Italia di Renzi, troppo lungo, ripetitivo, non più notiziabile, è finito. E il giovanotto ha ricominciato ad intervenire sulla scena nazionale, tornando a fare, nuovamente, discorsi forti sul necessario, radicale rinnovamento di programmi e classi dirigenti della sinistra. E’ ancora poco, ma è ripartito con il piede giusto. Se farà il passo successivo – e cioè essere più tempestivo, esplicito e determinato nel dibattito e sulle prospettive politiche – si rimetterà in corsa. Non per ottenere un buon risultato (che sarebbe la cosa peggiore di tutte, il perché ve lo spiego un’altra volta), ma per vincere.

L’altra cosa accaduta è l’accordo – tutto sommato ragionevole – realizzato sulla legge elettorale tra Udc, Lega e Pdl (protagonista Rutelli!), che ha messo allo scoperto l’inconsistenza strategica del disegno di Bersani, stretto alle corde da spinte contrapposte. Napolitano vuole una nuova legge elettorale, purchessia. Gli altri partiti non hanno alcun intenzione di farne una a misura del Pd. Dipendesse da Bersani, si terrebbe tranquillamente il Porcellum, la soluzione di gran lunga migliore per i suoi interessi elettorali. Ma il Porcellum provoca l’incazzatura di Napolitano e spiana la strada alla campagna elettorale di Grillo. Un bel guazzabuglio, dal quale il povero segretario non sa come uscire. Come dimostra la sua reazione impotente e stizzita all’accordo di ieri.

Accordo che naturalmente fa crollare il castello di carte costruito da Bersani sulle alleanze postelettorali. L’Udc, come è giusto e normale che sia, giocherà in piena autonomia la partita. La mia personalissima convinzione (anche di questo magari parliamo un’altra volta) è che la cosa più probabile sia che Casini diventi leader o premier di una coalizione rinnovata di centrodestra: ne avrebbe tutte le caratteristiche, lo chiederebbe la sua storia. Soprattutto se – come sta accadendo negli ultimi giorni – intorno a Bersani si radunerà un caravanserraglio di cui Vendola si troverà ad essere l’esponente più responsabile e moderato. Non so se vi è chiaro: Diliberto lascia non so più quale frazione di comunisti e lavora per l’accordo con il Pd, De Magistris fa liste arancioni fiancheggiatrici, schegge dell’Idv si preparano a chiedere posti in lista, e così via. Altro che ‘94, altro che Unione: a Bersani stanno confezionando di peggio.

Insomma, torna a girare la ruota, per usare una di quelle espressioni d’antan che sono care al segretario del Pd. Ma può girare per il giovanotto di Firenze. E, comunque sia, va a finire che – forse – nei prossimi giorni di queste primarie torneremo a parlare divertendoci.