Dedico questo lunedì 19 alle primarie: braccia rubate non ai campi ma al niente, il danno sarà minimo per me e per tutti. Avendo deciso di tornare a votare dopo 10 anni, pronto a illudermi di contare qualcosa, comunque consapevole di condurre l’ennesima battaglia a perdere della mia vita (questa volta in favore del giovanotto di Firenze), mi appresto di buon ora a recitare la parte del bravo elettore. Prima di tutto cercando la tessera elettorale.
La trovo tra vecchie foto, pagelle delle elementari e corrispondenza varia. Mi fu consegnata ad Anacapri, dove risiedevo nel 2001. Per motivi fiscali, come si dice pudicamente. Avendo acquistato lì la mia prima e unica casa (quella di Napoli, per sua fortuna, è di mia moglie), con il cambio di residenza pagavo meno tasse all’odiato fisco. Qualche anno dopo la casa di Anacapri l’ho venduta e ho comprato a Stromboli. Sempre prima casa, naturalmente: ho quindi ricambiato residenza, per i motivi di cui sopra. Il punto è che – non avendo più votato appunto dal 2001 – non ho mai chiesto una nuova tessera elettorale. Insomma sono cittadino di Stromboli, elettore ad Anacapri, e domiciliato tra Roma e Napoli.
Ora, già qui potremmo arrivare ad una prima conclusione, mi rendo conto. Parliamoci chiaro, Velardi. Tu cambi residenza più spregiudicatamente di Briatore e Valentino Rossi, sei un cittadino da quattro soldi perché non fai il tuo dovere democratico ogni tot anni, e pretendi pure di spiegare sto casino ai generosi e indefessi militanti del Pd, che in questi giorni si fanno il mazzo per consentire domenica prossima una straordinaria-mobilitazione-civile-e-democratica-festa-di-popolo. Mi si potrebbe tranquillamente dire: “Vela’, restatene a casa e ringrazia Iddio che non chiamiamo Befera a secutarti”.
Giusto per aggravare la mia condizione, prima di scoprire (stamattina) di essere un elettore di Anacapri, avevo commesso (ieri) un errore letale, registrandomi online come elettore di Stromboli. Dicendo una fesseria (commettendo un crimine? non è escluso) e – come ho scoperto poi – precludendomi anche la possibilità della registrazione come lavoratore fuorisede. Qualifica di cui vorrei orgogliosamente fregiarmi, essendo un utente abituale della Tav Napoli-Roma. Anche se non risiedo, come avete forse capito, né a Napoli né a Roma.
Bene: armato della mia discutibile condizione, con tessera elettorale non valida e stampa della registrazione online farlocca, ho varcato verso le 18 la soglia di via Toledo 106, sede del Pd napoletano, che ospita la sezione di Montecalvario, momentaneamente senza sede. Manifesti del Pci alle pareti, poster inneggianti al nuovo sindaco di Cardito, la porta del segretario provinciale priva di maniglia esterna (per evitare le continue intrusioni: si bussa e lui apre dall’interno). Sta per cominciare un’assemblea sulle primarie dell’”area Marino”, cui mi invitano a partecipare. Mi limito a salutare con affetto vecchi compagni: Aldo, Sandra, Ettore, e così via.
Nell’ufficio delle registrazioni manca l’addetto, ma c’è la preziosissima compagna che da anni tiene su l’intera baracca napoletana. “Ci penso io, Vela’, vieni qua che riempiamo il modulo”. Io smonto il suo efficiente fervore cominciando il mio penoso racconto, e il modulo si riempie di cancellature. Nel frattempo – perché a Napoli COSI’ succede, è inutile che ironizziate – si raduna intorno a me una piccola folla di giuristi, analisti politici e commentatori. “Niente da fare, non puoi votare”. “Ma tu si’ cunusciuto, vieni domenica al seggio e voti”. “Scusa, il seggio di tua moglie quale è? Il 55? E vieni al 55 insieme a lei”. “Mancano regole certe, non siamo mica l’America”. “Vela’, nun si cagnato, si’ ‘o solito sfrantummato”.
Conclusione. Sono andato via senza la cartuscella dell’ammissione al voto. Ho lasciato il numero del mio cellulare. Qualcuno mi chiamerà “direttamente”: il caso si risolverà, non c’è da preoccuparsi.
PS. Per quanto pesantemente autolesionista, questa è la cronaca fedele della mia preprimaria da Primario. E mo’ vado a soffrire con la Maggica.