Stamattina Bini Smaghi ha scritto sul Corriere della sera. Vi posto il pezzo perché è di indiscutibile chiarezza. L’indovinello è: a due anni da questa lettera cosa è stato fatto e cosa no dai nostri beneamati governi? (se non volete leggere tutto andate direttamente al punto 6).
Caro direttore,
il suo editoriale del 24 luglio scorso invita giustamente a non perdere la memoria di quello che è successo circa due anni fa, dopo che la Bce scrisse una lettera al governo italiano per chiedere misure incisive per superare la crisi. Vorrei fornire qualche precisazione al riguardo, dal punto di vista di chi contribuì a scrivere quella lettera.
1. Nei primi giorni dell’agosto 2011 le tensioni sui mercati finanziari avevano superato una soglia critica. Nonostante le decisioni prese dal Consiglio europeo, qualche giorno prima, i rendimento sui titoli di Stato italiani e spagnoli erano saliti su livelli elevatissimi, che mettevano a rischio la sostenibilità del debito pubblico di entrambi i Paesi.
2. Di fronte a tali sviluppi, la Banca centrale europea aveva due alternative. La prima era di non intervenire e lasciare ai governi dei due Paesi il compito di rassicurare i mercati con misure convincenti. La seconda era di intervenire, come aveva fatto in passato per la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo.
3. La Banca centrale interviene sul mercato dei titoli di Stato di un Paese solo se le finanze pubbliche di quel Paese sono solide e sostenibili, per evitare che la politica monetaria venga usata per finanziare direttamente degli Stati.
4. Nel caso della Grecia, e successivamente dell’Irlanda e del Portogallo, le condizioni di sostenibilità delle finanze pubbliche erano state definite nell’ambito dei programmi di aggiustamento concordati con l’Unione Europea e con il Fondo monetario internazionale. Nell’agosto di due anni fa, né l’Italia né la Spagna avevano programmi di quel tipo, né era possibile metterli in atto in così breve tempo.
5. Le lettere dalla Bce all’Italia e alla Spagna del 5 agosto 2011, così come quelle scritte in altri tempi ad altri Paesi, avevano come obiettivo di ottenere dalle rispettive autorità una rassicurazione che le misure strutturali e di risanamento di bilancio necessarie per garantire la sostenibilità del debito sarebbero state attuate in tempi brevi.
6. Il primo punto della lettera indirizzata al governo italiano — quello più importante — riguardava le riforme strutturali, in particolare la liberalizzazione delle professioni e dei servizi pubblici locali, le privatizzazioni, la riforma del mercato del lavoro e della pubblica amministrazione, che sono fondamentali per la crescita economica e la sostenibilità del debito. Quelle raccomandazioni erano pienamente in linea con quelle fatte dalle istituzioni internazionali, anche se erano state sistematicamente rinviate dai successivi governi italiani.
7. La lettera conteneva anche un invito ad anticipare alcune delle misure di aggiustamento fiscale, «soprattutto con tagli della spesa», e a completare la riforma pensionistica.
8. La Bce è la banca centrale dell’Italia, oltre che degli altri 16 Paesi dell’area dell’euro. È prassi nei Paesi avanzati che i governi e le banche centrali si scambino messaggi, anche sotto forma epistolare.
9. Non è invece prassi rendere pubbliche tali lettere quando queste sono confidenziali, come è invece avvenuto nel caso della lettera indirizzata al governo italiano, caso che è rimasto unico nonostante i numerosi scambi che sono avvenuti negli anni tra la Bce e i governi dei Paesi membri.
10. Qualche giorno dopo il 5 agosto 2011, l’intervento di acquisto di titoli di Stato italiani e spagnoli da parte della Bce contribuì a ripristinare la calma sui mercati finanziari europei. Da quel momento, tuttavia, la manovra di risanamento che era stata annunciata il 6 agosto dal governo italiano, che era largamente basata su misure di restrizione fiscale, venne rimessa in discussione e in larga parte svuotata di contenuti. Le riforme strutturali vennero ulteriormente rimandate.
11. Non ci volle molto ai mercati finanziari per capire che a causa delle difficoltà interne il governo in carica non riusciva a mettere in atto gli impegni di politica economica, che tuttavia erano necessari per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche. La decisione di rigettare l’offerta di un programma di aggiustamento con le istituzioni internazionali rafforzò tale convinzione. Nonostante gli interventi della Bce i rendimenti sui titoli di Stato italiani schizzarono nuovamente verso l’alto, con le conseguenze politiche che ben conosciamo.
Dall’episodio di due anni fa sono state tratte conclusioni diverse.
La Bce ha deciso nell’estate del 2012 che da quel momento in poi eventuali interventi sul mercato dei titoli di Stato (Outright Monetary Transactions) sarebbero stati condizionati non più solo ad impegni pubblici da parte dei Paesi in difficoltà, ma all’adozione di programma di aggiustamento con le istituzioni internazionali.
In Italia si è continuato a ritenere che quella lettera fosse responsabile delle politiche di austerità messe in atto nei mesi successivi, ignorando che il punto principale di quella missiva fosse la richiesta di riforme strutturali, che sono ancor più necessarie delle misure fiscali per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche. Le riforme continuano così ad essere rinviate, e la discussione di politica economica rimane incentrata sulle misure fiscali. Sembra quasi che, di fronte all’emergenza, sia più facile aumentare le tasse che fare le riforme.
PS. Come ricordava giustamente nel suo editoriale, il rating del debito pubblico italiano è ormai solo un paio di linee sopra il livello oltre il quale i titoli non sono più accettati come collaterale dalla Bce. Tuttavia, questo limite può essere rimosso se il Paese adotta un programma di aggiustamento con l’Unione Europea e il Fmi.
Presidente di Snam, ex componente
del Comitato esecutivo della Bce