Due piccole, sincere domande

La notizia è che l’Italia guida la classifica europea del recupero della fiducia nelle prospettive dell’economia. In sostanza – secondo l’indice Esi, che misura l'”economic sentiment” – gli italiani pensano positivo, vedono la famosa uscita dal tunnel. E non ditemi che questa non è una notizia.

Anche a me, da qualche mese, pare di vedere un paese reale (parlo, dal mio ristretto punto di vista, delle aziende, degli imprenditori) che si sta  rimboccando le maniche, una volta toccato il fondo: lo ripeto da un po’ ad amici e conoscenti. Tutto avviene in un panorama di macerie: imprese chiuse, gente in mezzo ad una strada. Ma i sopravvissuti si sono rimessi in cammino.

A questo punto, però, mi vengono da fare due domande. La prima è: questo sentiment positivo riuscirà pian piano ad avere la meglio o quantomeno a pareggiare – nell’informazione, nella comunicazione – il manifestarsi quotidiano delle mille, vere emergenze sociali? Fino a diventare così opinione diffusa? Sarebbe importante che avvenisse, perché sappiamo tutti che per un’economia malata non c’è migliore medicina della fiducia.

La seconda è: ma secondo voi – sempre dando per scontato questo nascente sentiment positivo – la politica c’entra qualcosa? Cioè: qualcuno è in grado di elencarmi misure, leggi, atti della politica che possono aver favorito questa ripresa di fiducia? Non so la vostra: la mia risposta, onestamente, è netta. E comporta – sempre dal mio punto di vista – conclusioni molto impegnative, sul ruolo della politica. Non solo sulla fine della sua “centralità”, come si diceva una volta. Ma sulla sua sostanziale inutilità.