Un vecchio diario (4)

Ho parlato duro con D’Alema, dopo che Veltroni mi aveva  indirettamente  rimproverato  di aver nominato  capogruppo europeo Burlando. Ero andato da lui per parlargli con calma dello staff e del suo funzionamento, mi sono incazzato e gli ho fatto una sfuriata. Mi pare la abbia accolta comprendendone  i motivi. Abbiamo  deciso di fare una riunione per capire come dobbiamo funzionare. Si vedrà. Ne ho avuto anche per Marchini, che lui è andato a visitare nel fine settimana.  Gli ho  detto omissis, lui  ha confermato: “E’  dell ‘Opus Dei”.  Quando  ci  siamo  sentiti, domenica mattina, mi ha raccontato una battuta simpatica. Marchini aveva trovato un fungo. Lo aveva definito un “ex-porcino”. Lui gli ha detto: “Attenzione, perché se gli ex-porcini sono come gli ex-comunisti, si sa che cosa erano, ma  non si sa cosa sono diventati”. Fine. La settimana forse comincia bene, in un buon clima politico e meteorologico.

C’è Fede a palazzo Chigi, esce un’agenzia e D’Alema se la prende con lo staff. Esce un pezzo di Rampini sull’elettricità e se la prende con lo staff. Addirittura esce Colletti con delle dichiarazioni dissennate dopo l’incontro con D’Alema e lui quasi se la prende con lo staff. Il problema esiste, e noi lo dobbiamo affrontare. Ha diversi aspetti, che non elenco. Comunque un buono staff non indebolisce il leader, anzi lo rafforza. È tipico di una cultura vecchia (quella da cui proveniamo) segnare una demarcazione arcaica tra funzioni “politiche” e funzioni “tecniche”. Il politico, nel suo sinedrio, prende le decisioni. La loro attuazione diventa una funzione meramente accessoria, una finzione in realtà. Quello che interessa è che le decisioni siano prese, non attuate …

Nel fine settimana (14 novembre e seguenti) scoppia il caso Ocalan, il curdo accolto in Italia. D’Alema se la sbroglia bene nel briefing di lunedì. La mattina di martedì convulsioni per il discorso che deve tenere alle 12 in Aula. Lavoro con Fassino, Dassù, Verderame, Cuillo, Latorre, Cascella… tutti sulla palla, come all’oratorio. Il risultato è ottimo, buona la scaletta, naturalmente superbo D’Alema, che stende tutto il Parlamento. Il problema che mettiamo a fuoco è che, al di là delle emergenze, bisogna organizzare meglio l’agenda. Probabilmente devo metterci mano. La soluzione potrebbe essere darci un ‘organizzazione, tra me e Nicola, che affidi a lui le responsabilità “in entrata” delle cose di D’Alema, e a me quelle “in uscita”. Bisogna pensarci bene .

La vicenda Ocalan va analizzata bene. Intanto c’è stato all’inizio un piccolo buco nero. La mattina in cui D’Alema parlò con Minniti per dirgli di seguire la cosa… come nasce la faccenda? Chi ne ha parlato per primo a noi? La cosa va vista perché mette in causa i servizi italiani. Cosa hanno combinato?

Siamo a quasi a un mese dall’avvio della presidenza D’Alema. Possiamo fare un bilancio? Provvedimenti importanti approvati: la liberalizzazione dell’elettricità (passata sotto silenzio), e poi? Confusione e mancanza di comunicazione su scuola e lavoro. Diliberto dice quello che gli pare, i centri sociali vogliono un’intesa con il governo (ma di che si tratta?). Scognamiglio dice che va abolita la leva. E il governo che dice? E poi il casino di Ocalan. Schroeder ha fatto autocritica per i primi atti del suo governo. Potremmo fare altrettanto? Quali sono i principali problemi del governo D’Alema? 1) ognuno dice quello che cazzo gli pare. Si era detto dal primo momento che bisognava evitarlo. Si può dire una parola, si può fare qualcosa?; 2) deve essere più evidente il taglio innovativo e radicale del governo. Non è possibile che ogni cosa debba finire nel tritatutto della mediazione all’italiana. (4. continua)