Un vecchio diario (5)

La maledetta eredità negativa della sinistra rischia di farsi sentire sull’attività di governo: Ocalan, Telecom, scuola, centri sociali.

Il 26 e 27 novembre seguo D’Alema prima a Madrid e Bruxelles, poi a Bonn per l’incontro con Schroeder. Pranzo con Aznar, antipatico e supponente. Imponente accoglienza a Bonn, in elicottero e drappello d’onore a Colonia. In aereo do il via all’offensiva. Con il consenso di Dassù e Verderame parto lancia in resta contro Vattani, faccio la parte del pazzo, come sempre. La faccenda Ocalan è un casino e ci procura molti danni, non c’è niente da fare. Con D’Alema partono i soliti scazzi (sei un fascista, etc…). In realtà ha abbastanza ragione, peraltro io non do mai seguito alle mie invettive.

Nei giorni successivi siamo di buonumore. Si stabilisce il viaggio a New York, D’Alema si appassiona molto al caso Ocalan – adesso è sempre più per il processo in Italia – e lo gestisce giocando a risiko, come piace a lui. Non gli piacciono le cose lineari, le soluzioni semplici. È un maestro nel creare casi complicati da risolvere. Il punto è che così non si capitalizza mai molto, perché ogni questione è sempre caricata di pesi impropri.

Sostiene Imperia (2 dicembre) che vi sono due cordate nel campo finanziario cattolico: una più “osservante” e strettamente Opus Dei (Bazoli, Masera , …), l’altra più  laica (Romiti, Geronzi, Maranghi, Draghi). Chi sa chi è veramente lmperia. Ma non è un mestatore, è ben introdotto e leale. A me è simpatico.

Passano i giorni, il governo non va male anche se non c’è nessuna impennata. Panorama l’11 dicembre fa un pezzo sulla cena del risotto e mette nel mirino il povero Pino Marzo. La Melandri sta per combinare guai sulla Formula Uno a Imola, risponde in modo sbagliato a Muti sulla sua assenza alla prima della Scala, mette in agitazione il Coni con i suoi propositi di riforma. Marchini mi chiama, dopo una burrascosa telefonata di alcuni giorni prima. Ci sentiremo e ci vedremo prossimamente. (5. continua)