Un vecchio diario (7)

Il prossimo fine settimana Ocalan dovrebbe essere spedito via (dove non lo so e non voglio saperlo). Se ne occupano Minniti, Latorre e Cuillo.

Dipartimenti da rifare. De Ioanna ritarda, blocca, impedisce, e noi cerchiamo di cambiare qualcosa. È il tema eterno della burocrazia.

Ora (16 dicembre) la situazione politica comincia a preoccupare. I Ds di Roma hanno attaccato violentemente Rutelli per il voto romano e lui ha risposto per le rime. I Ds sono scemi, perché l’attacco fatto ora è insensato. Anche se Rutelli è quello che è. Detto questo, il problema è che il governo dovrebbe sopravanzare con una forte azione riformista il teatrino politico. D’Alema dovrebbe essere in grado di dire: questa è la mia politica, il resto non conta. Una sorta di discorso alla politica italiana, questo ci vorrebbe. Per esempio si potrebbe fare a gennaio, istruendo bene la pratica, un’assemblea dei gruppi parlamentari della maggioranza per l’attuazione del programma di governo .

Ocalan è libero perché la magistratura tedesca ha revocato I’ordine di cattura internazionale. La vicenda ha aspetti ridicoli, soprattutto per i tedeschi. Ma ora è più facile o difficile l’allontanamento del curdo? È più difficile certamente. Infatti nel pomeriggio Latorre va dai curdi, poi dai libici, successivamente si incontra direttamente con Ocalan per dirgli che se ne deve andare subito, con le sue gambe, se non vuole che i turchi già sbarcati dall’Albania lo facciano fuori. Il casino è grande. D’Alema incassa il via libera dei capigruppo parlamentari ed è calmo e sornione. Ma non so quanto governi la situazione. La cosa più grave di tutte è che noi siamo stati gli ultimi a sapere di Ocalan. Erano informati i tedeschi, l’Interpol, la direzione generale del ministero di Grazia e Giustizia. Il governo non sapeva nulla.

Giornata pazzesca, mercoledì 16. Latorre sta da Ocalan per convincerlo ad andare via, a Roma viene giù un palazzo e ci sono trenta morti, alle 22 e 30 Clinton bombarda l’Iraq. Noi andiamo alla partita con i figli, al ritorno passiamo da Portuense, e poi siamo fino alle 2 e 30 a Palazzo Chigi (luci spente e porte chiuse, aspettiamo che arrivi qualcuno ad aprirci le stanze). Una concentrazione assurda. Dico a D’Alema che usufruirà anche lui del fattore Iraq. Domani vedrà le forze sociali per chiudere il patto per il lavoro. Lo firmeranno come gli americani hanno rinviato la procedura di impeachement per Clinton. (7. continua)