Non mi piace, non mi piace per niente. Non mi sembra neppure una bella donna. Saranno quei lineamenti da bambolina dell’Ottocento, il nasino all’insù e un’inutile massa di capelli che invade una fronte “poco spaziosa”, avrebbe detto mia zia. Sarà lo sguardo smarrito dall’uso massiccio delle lentine, che lei destina con la stessa intensità vacua ai bambini denutriti del Sahel come ai prepensionati di Sel. E non mi piace quell’andamento contadino tipico delle donne dell’Italia padana (di cui le Marche sono propaggine), che la sua più illustre predecessora sublimò con ieratica magrezza negli anni della vecchiaia, e che lei esibisce con goffaggine compunta.
Ma veniamo al punto. Il punto è che la pubblicista che ha fatto carriera negli uffici stampa delle agenzie internazionali non ha – e non avrà mai – il fisico politico del ruolo che pure ricopre. Prendiamo le sue due ultime uscite.
L’altro ieri, nella manifestazione per la strage di Bologna, di fronte al più classico dei pubblici plaudenti de sinistra, è partita in quarta in un comizio da strapaese spogliandosi senza incertezze della sua veste istituzionale. E giù l’armamentario del caso: “Abbiamo gli esecutori, ma mancano i mandanti, i burattinai, gli strateghi che hanno pianificato la carneficina”. Poi, in crescendo, sugli “uomini delle istituzioni che deridono una donna nera che fa bene il ministro”, sui 100 anni del criminale nazista Priebke, e così via. E alla fine giù lacrime, ricordando che lei, “giovane studentessa marchigiana”, era a Bologna “alla ricerca di una casa in affitto” proprio in quel famigerato 2 agosto dell’80 (il 2 agosto, nella città deserta???). Mentre invece oggi sempre lei, commossa Presidente, “non ha paura di questo palco, non ha più paura di questa piazza”. Talmente coraggiosa, la nostra eroina, da sconvolgere il cerimoniale per farsi omaggiare dal popolo, scendendo dalla macchina presidenziale a 300 metri dalla piazza e bloccando tutto il traffico cittadino. Talmente vicina alla gente che, finita la manifestazione, non rende omaggio alle vittime in sala d’attesa, ma continua il suo bagno di folla, firmando libri e accarezzando bambini. E, alla fine, saltando il treno prenotato e prendendone uno pieno. In piedi su un Freccia Argento, la nostra Evita Peron.
Insomma, il peggiore catalogo del populismo. Che per me non ci sta, perché tu sei Presidente della Camera, rappresenti le istituzioni, lo Stato. Devi essere composta, seria, autorevole quando parli, quando ti muovi. E però, se proprio questo è il tuo stile, madamina, che almeno lo sia sempre.
E invece, guarda un po’, ieri ai Fori Imperiali è andato in scena un altro film. La nostra non aveva più di fronte i professionisti dell’antistragismo, ma cittadini dell’Ardeatina – come dire – arrabbiati, alle prese con un volgare problema di discariche. Per cui, dopo aver iniziato un altro corteo, aver tagliato un nastro con il sindaco (ma si può, ancora si tagliano nastri nel terzo millennio?), invece di prendere la parola nel previsto, appassionato comizio al fianco di Concita-se-non-ora-quando, la pasionaria se l’è data a gambe. “Mi spiace, ma vai avanti così”, ha sussurrato a Marino dileguandosi.
Ecco la signora Laura Boldrini. Un po’ Evita Peron, un po’ Mata Hari. Molto politicante italiana.