Un vecchio diario (21)

Si entra nella settimana cruciale per l’elezione del Presidente. I nomi sono due: Jervolino e Ciampi. Io sto avviando un lavoro per la Jervolino ma non dobbiamo scoprirci perché se dobbiamo mandare lì l’altro dobbiamo sempre essere noi a farlo. Senza dimenticare il terzo che potrebbe essere Amato. O forse no. Troppi non lo vogliono.

Lunedì sera si entra nella fase calda. Propongo un incontro di maggioranza per proporre Ciampi da eleggere con il Polo o Jervolino da soli al quarto scrutinio. La mattina dopo D’Alema arriva dicendo di avere avuto la folgorazione: bisogna eleggere Ciampi e basta. Gli chiedo di riflettere. Lo fa opportunamente e decide di azzerare la situazione (con telefonate a Fini e Letta). Il Polo non proporrà alcuna candidatura nell’incontro che alle 15 farà con Veltroni. Dopo se ne riparlerà, ricominciando da capo. Ma sempre Ciampi dovrebbe spuntare.

D’Alema parla con tutti, prepara il vertice di domani, si porta Marini  da  Scalfaro, ma la notizia  delle  18 di  martedì  è che in realtà Berlusconi non voterà Ciampi, ma indicherà Fazio, Monti e Amato. Quindi  attenzione. Tenersi  buoni  i popolari!

Mercoledì mattina. Si torna allo schema iniziale. Ciampi se il Polo ci sta, Jervolino ce la votiamo da soli (con Rc e Lega). Veltroni si è troppo spinto su Ciampi, stamattina a telefono con D’Alema tutti e due in realtà si mostrano dubbiosi e mosci su Rosetta. Sbagliato. Deve essere la nostra candidata. Meno male che ci sto lavorando da giorni con i gruppi parlamentari.

Mercoledì, ore  12. Mi chiama  Ferrara, lo mando  in  missione  da Berlusconi. Mi richiama  dicendo  che Berlusconi  ci sta su Ciampi. La notizia si propaga, forse è andata. Blocco le donne, D’Alema chiama Veltroni dicendogli la cosa  e richiamando una mia frase del giorno prima (Veltroni ha fatto il lavoro sporco, non me lo sarei mai aspettato). Alle 15 D’Alema  incontra  il Polo. Berlusconi gli fa un discorso  confuso, e tre nomi: Ciampi, Amato  e Mancino.  D’Alema gli chiede quantomeno di tacere. Poi incontra la Lega, possibilista. Più tardi dirà a Mastella di parlare con Bossi per convincerlo ad essere della partita. Di ritorno a palazzo  Chigi  cominciano  le  agenzie:  il Ccd,  poi  An,  Segni,  etc…  si dicono per Ciampi. Lui chiama Bertinotti che  in una  telefonata  comica  gli dice  di non poter  votare  per  Ciampi  se non dice qualcosa  contro la guerra.  D’Alema  lo manda  gentilmente  a  quel  paese.  Prodi  annuncia  che  viene  al vertice  delle 19, poi telefona e dice che non  viene più. Piscitello non  gli dà il permesso. Ferrara mi dice che Letta gli  ha telefonato dicendo: “Basta con la Dc!”. Alla Camera Berlusconi mi prende da parte e mi chiede di fare Amato  ministro  del  Tesoro. Sarà così, gli dico. D’Alema si ingelosisce, per questo e a causa  del fatto che mentre vedeva  il Cavaliere gli era arrivata una telefonata per me nel suo ufficio alla Camera. Veltroni  viene nel  suo ufficio, gli  parla  del  complimento  che gli ho fatto. La giornata  si chiude  in trionfo. Ma la politica quanto è vanesia!

Giovedì, ore 8 e 45. Cuillo mi dice che Veltroni si è incazzato per una ricostruzione apparsa su Repubblica, a proposito del ruolo minore che ha avuto nella vicenda. Cerco di fargli capire che ho la testa altrove.

Ciampi è stato eletto. Giubilo generale. Merito di D’Alema, come tutti sostengono. A colazione ci divertiamo, battute sconsolate su Prodi. Amarezza per Marini. D’Alema non ha dormito per il dispiacere dato al Ppi (e per il piacere fatto a Prodi). Si progetta lo staff di Ciampi (De loanna, Reichlin, Pirani), che invece decide di confermare tutti gli uomini di Scalfaro. Anche se per una fase. Dopo Gifuni ci sarà De loanna. (21. continua)