Si entra nella settimana cruciale per l’elezione del Presidente. I nomi sono due: Jervolino e Ciampi. Io sto avviando un lavoro per la Jervolino ma non dobbiamo scoprirci perché se dobbiamo mandare lì l’altro dobbiamo sempre essere noi a farlo. Senza dimenticare il terzo che potrebbe essere Amato. O forse no. Troppi non lo vogliono.
Lunedì sera si entra nella fase calda. Propongo un incontro di maggioranza per proporre Ciampi da eleggere con il Polo o Jervolino da soli al quarto scrutinio. La mattina dopo D’Alema arriva dicendo di avere avuto la folgorazione: bisogna eleggere Ciampi e basta. Gli chiedo di riflettere. Lo fa opportunamente e decide di azzerare la situazione (con telefonate a Fini e Letta). Il Polo non proporrà alcuna candidatura nell’incontro che alle 15 farà con Veltroni. Dopo se ne riparlerà, ricominciando da capo. Ma sempre Ciampi dovrebbe spuntare.
D’Alema parla con tutti, prepara il vertice di domani, si porta Marini da Scalfaro, ma la notizia delle 18 di martedì è che in realtà Berlusconi non voterà Ciampi, ma indicherà Fazio, Monti e Amato. Quindi attenzione. Tenersi buoni i popolari!
Mercoledì mattina. Si torna allo schema iniziale. Ciampi se il Polo ci sta, Jervolino ce la votiamo da soli (con Rc e Lega). Veltroni si è troppo spinto su Ciampi, stamattina a telefono con D’Alema tutti e due in realtà si mostrano dubbiosi e mosci su Rosetta. Sbagliato. Deve essere la nostra candidata. Meno male che ci sto lavorando da giorni con i gruppi parlamentari.
Mercoledì, ore 12. Mi chiama Ferrara, lo mando in missione da Berlusconi. Mi richiama dicendo che Berlusconi ci sta su Ciampi. La notizia si propaga, forse è andata. Blocco le donne, D’Alema chiama Veltroni dicendogli la cosa e richiamando una mia frase del giorno prima (Veltroni ha fatto il lavoro sporco, non me lo sarei mai aspettato). Alle 15 D’Alema incontra il Polo. Berlusconi gli fa un discorso confuso, e tre nomi: Ciampi, Amato e Mancino. D’Alema gli chiede quantomeno di tacere. Poi incontra la Lega, possibilista. Più tardi dirà a Mastella di parlare con Bossi per convincerlo ad essere della partita. Di ritorno a palazzo Chigi cominciano le agenzie: il Ccd, poi An, Segni, etc… si dicono per Ciampi. Lui chiama Bertinotti che in una telefonata comica gli dice di non poter votare per Ciampi se non dice qualcosa contro la guerra. D’Alema lo manda gentilmente a quel paese. Prodi annuncia che viene al vertice delle 19, poi telefona e dice che non viene più. Piscitello non gli dà il permesso. Ferrara mi dice che Letta gli ha telefonato dicendo: “Basta con la Dc!”. Alla Camera Berlusconi mi prende da parte e mi chiede di fare Amato ministro del Tesoro. Sarà così, gli dico. D’Alema si ingelosisce, per questo e a causa del fatto che mentre vedeva il Cavaliere gli era arrivata una telefonata per me nel suo ufficio alla Camera. Veltroni viene nel suo ufficio, gli parla del complimento che gli ho fatto. La giornata si chiude in trionfo. Ma la politica quanto è vanesia!
Giovedì, ore 8 e 45. Cuillo mi dice che Veltroni si è incazzato per una ricostruzione apparsa su Repubblica, a proposito del ruolo minore che ha avuto nella vicenda. Cerco di fargli capire che ho la testa altrove.
Ciampi è stato eletto. Giubilo generale. Merito di D’Alema, come tutti sostengono. A colazione ci divertiamo, battute sconsolate su Prodi. Amarezza per Marini. D’Alema non ha dormito per il dispiacere dato al Ppi (e per il piacere fatto a Prodi). Si progetta lo staff di Ciampi (De loanna, Reichlin, Pirani), che invece decide di confermare tutti gli uomini di Scalfaro. Anche se per una fase. Dopo Gifuni ci sarà De loanna. (21. continua)