Corro di prima mattina. Salgo al corso Vittorio Emanuele dalla Pignasecca: una traversa di via Pasquale Scura è integralmente occupata dalla spazzatura. I marciapiedi del corso non sono utilizzabili, quando non per le auto in sosta, per le buche, o perché lavatrici, sacchetti, vecchi divani li ingombrano. Anche la villa comunale è impraticabile, immagino per lavori in corso: fatto sta che è un percorso ad ostacoli. A via Caracciolo i resti di una manifestazione chiamata ‘Pizza Fest’: decine di baracchini rossi occupano l’intero lungomare, bottiglie e cartoni sparsi dappertutto, anche sugli scogli. A piazza Plebiscito stazionano decine di poveri cani. Al ritorno, su via Toledo, conto otto poveri cristi buttati per terra a dormire.
Più tardi, a fine mattinata, via Toledo la ritrovo occupata da banchetti di venditori di cianfrusaglie. Non si cammina sui marciapiedi. Una delle più antiche pasticcerie della città è chiusa per ferie: riaprirà, dice un laconico cartello, a settembre. Un signore, davanti alla fermata della Funicolare, usa una strana espressione: è una città ‘archiviata’. A via Chiaia, area pedonale, sfilano auto e motorini. E una vettura della polizia municipale.
In serata mia moglie ed io andiamo a cinema a via dei Mille, in un pezzo di città deserta (al ritorno il taxista ci dirà: “Sono tutti al ‘Pizza Fest'”). Una delle storiche sale napoletane la ritroviamo come terremotata. Il film lo vediamo in quattro, in galleria, non ci sono altri spettatori. La platea è inagibile, piena di calcinacci, di corde che rotolano ai fianchi dello schermo, le sedie coperte dalla plastica. Con i nostri vicini scherziamo: “E’ una situazione surreale”.
Questo il mio sabato napoletano: non ho colorito il racconto, ve lo assicuro. Semplici, onesti cronisti (ce ne fossero), non potrebbero che raccontarla così. Nel corso della giornata ho pensato a un teatro di guerra: è l’unica immagine che rende l’idea. Chi non è di Napoli non sa che qui si vive così. I napoletani non sono più in grado di vedere, azzittiti da una vergogna di cui non possono incolpare solo gli altri (i politici, gli amministratori, gli intellettuali, la camorra, i commercianti, il vicino di casa). Siamo noi i responsabili. Ognuno di noi è responsabile.