Caro lettore, poniamo che tu sia un commerciante, mettiamo un gioielliere (te lo auguro, nel caso – mi raccomando – ricordati di pagare le tasse!) proprietario di un bel negozio in centro. Da un po’ di tempo ti fa visita periodicamente un signore di mezz’età, anche distinto, che si guarda in giro, si informa sui prezzi, ti chiede di visionare anelli e orecchini (una volta – dice – si avvicina il compleanno della moglie, un’altra volta la figlia si è laureata, e così via). Poi ringrazia gentilmente e va via senza comprare. E tu, dopo le sue visite, ti ritrovi immancabilmente con qualche prezioso in meno.
Ora, tu sei un persona mite, tendenzialmente non sospettosa né incline a pensare male del prossimo. Eppure non puoi fare a meno di riflettere sulle coincidenze. Così, l’ultima volta che il signore è entrato nella tua gioielleria, l’hai scrutato con diffidenza, non puoi negare. Hai seguito passo passo le sue mosse, gli hai mostrato la merce facendo attenzione ad ogni tuo e suo singolo movimento, a dove posava gli occhi e le mani, senza perderlo di vista un solo momento. Una volta finita la visita – improduttiva come al solito – hai dovuto concludere che forse i tuoi sospetti erano infondati, il signore non si è fregato niente. Addirittura ti ha preso un piccolo senso di colpa per avere pensato male di lui.
Poi è successo che proprio sull’ingresso, mentre stava per uscire, il signore si è girato verso di te, ha alzato platealmente le mani e ti ha detto: “Ha visto, non ho preso niente, lei non deve sospettare di me!”. E tu sei andato decisamente in confusione. Perché è vero che il signore, nella circostanza, non ha rubato. E magari non è un ladro, in assoluto. Ma, a questo punto, a te nessuno toglie dalla testa – diciamo la verità – che lui non abbia rubato solo perché tu lo stavi controllando. E che quindi lo abbia fatto le altre volte. E magari lo possa fare ancora, la prossima volta. Fine del piccolo apologo sulla spirale della sfiducia.
E ora veniamo a noi. Perché mai il Pd (e altri, compresi i grillini, ma a me interessano i comportamenti del principale partito della sinistra) sembra voler chiedere – peraltro solo per propaganda, perché non potranno ottenerlo – il voto palese mercoledì prossimo, quando si discuterà la decadenza di Berlusconi, cambiando i regolamenti parlamentari, oltre che contrastando un sacro principio liberale? Perché nel rapporto tra il Pd e “il suo popolo” (pessima espressione, ma ormai è entrata nel gergo politico…), come nel rapporto tra il gioielliere e l’avventore, si è generata ormai la stessa, inarrestabile spirale della sfiducia. Per cui qualunque atto compia il gruppo dirigente del partito è sospettabile e sospettato. Ed ogni rassicurazione fornita non fa altro che confermare le ragioni originarie del sospetto.
Nel caso in questione, dice “il popolo”: se il Pd chiede il voto palese è perché nel partito ci sono dei fetenti che vogliono salvare Berlusconi. Non si sa chi sono, e non si scoprirebbero con il voto palese, che costringerebbe i fetenti alla disciplina: ma proprio questa sarebbe una sorta di prova ontologica della loro esistenza. Mentre con il voto segreto ognuno, compresi i grillini e gli altri, potrà tranquillamente votare per salvare Berlusconi, accusando poi i fetenti, ontologicamente annidati nel Pd. Quindi, in un caso o nell’altro, concluderà “il popolo”, i fetenti ci sono.
E’ questo che vogliono Epifani, Zanda e compagnia bella? Fare intendere che nel Pd si annidano fetenti e traditori? Non capiscono che, con questo gioco al massacro, ci vanno di mezzo pure loro, e forse prima degli altri?