Allora, come l’abbiamo raccontato, stamattina? La libreria alle spalle era bianca e non rossa (o viceversa, non ricordo), non c’era più un soprammobile di travertino, la luce era smarmellata, dice il mio amico Paolini (il solo che ne capisce). E le foto di famiglia, e il doppiopetto di sempre, solo qualche taglia più grande, e i capelli alla Mao Tse Tung. Fino alla conclusiva, geniale intuizione di tutti. E’ invecchiato. Di ben 20 anni. Soprattutto se paragonato al video di 20 anni fa.
Sì, anche io ho detto cose del genere a chi me le ha chieste: pura routine, coazione a ripetere, stanco narcisismo da morti di fama, direbbe Dago. Questa, d’altronde, è la triste condizione dei cosiddetti comunicatori: chiamati ex-post a commentare cose irrilevanti, particolari per feticisti, disquisendo di una scienza inventata. Mentre ancora una volta quello ci ha presi tutti in giro. Noi a correre dietro queste minchiate; lui, nel frattempo, a fare le seguenti tre cose, che più di sostanza non si può: 1) oscuramento totale del voto sulla decadenza e della bocciatura del suo relatore; 2) giuramento di fedeltà al governo, con parallela creazione di una fibrillazione generalizzata (toh!) nel Pd; 3) discorso da condottiero al suo esercito, comprensivo di lancio del nuovo/vecchio partito.
Insomma, colleghi, cercate di capire. Ieri Berlusconi ha fatto politica. Integralmente. Il punto è che il suo modo di fare politica è così intimamente legato ad un modo di agire comunicativo che i suoi interpreti/esegeti/critici si confondono, perché non sanno, o ancora non capiscono che politica e comunicazione sono una cosa sola. Lui getta in pasto ai comunicatori gonzi il giochino da Settimana enigmistica del “Trova le differenze”, e nel frattempo fa lo sporco lavoro cui è ancora chiamato – povero quasi-ottantenne – dalle circostanze della vita: si difende dagli assalti personali, da grande combattente quale è; tiene insieme quella masnada di parassiti che ha intorno, che senza di lui sarebbero zero; cerca di tenere su – con successo – il suo profilo pubblico, pur irrimediabilmente fiaccato dai giudici. Lo fa pensando comunicativo e agendo da politico. O viceversa, che è la stessa cosa.