Fuochisti di professione

PatricielloOra va molto di moda don Patriciello, nel napoletano. E’ un prete vestito d’azzurro. Organizza e dirige cortei contro i roghi, contro i termovalorizzatori, contro i politici, lo Stato, contro tutto. Protesta, invoca, si dispera, preferibilmente a favore di telecamere. Ma delle imponenti mobilitazioni che lancia non si conoscono gli obiettivi. Perché i cumuli di immondizia sono lì, a marcire per strada, per congiunte inadempienze di amministratori incapaci e di gente incivile. Perché i roghi che seguono non vengono appiccati dallo Stato ma dai cittadini (che siano più o meno camorristi, ce lo dicano le autorità competenti, nel frattempo i cittadini perbene denuncino). Perché l’immondizia da qualche parte va smaltita, e o fai i termovalorizzatori oppure fai arricchire con i nostri soldi olandesi e tedeschi, che con la monnezza campana bruciata ci campano (e bene, fino a prova contraria).

Ma lui ai termovalorizzatori si oppone. Lui preferisce andare a celebrare il funerale di una bambina “uccisa da una grave forma di leucemia infantile, altra piccola vittima del degrado ambientale di questa nostra terra” (così ha dichiarato qualche giorno fa il piccolo sciacallo, lucrando visibilità sul dolore della povera gente, decidendo lui – al posto di Dio o della scienza, fate voi – le ragioni di una morte). E, nel frattempo, mette insieme il caravanserraglio: amministratori locali al di sotto delle necessità, ragazzi che giocano alla rivoluzione, Zanotelli che si materializza ovunque ci sia un casino, donnone da pubblico televisivo, politici colpevoli che salgono sul carro, associazioni di produttori che “lanciano l’allarme”. Tutti in corteo, per “gridare la rabbia”. Quanto al da farsi, se ne occupino altri: Stato, regione. Purché portino altrove la monnezza (e ci diano pure un po’ di soldi, perché quelli non fanno mai male).

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Poi scopri che c’è anche chi cerca di ragionare, come Annamaria Colao, una persona competente e perbene che stamattina dice cose misurate e sagge sul Corriere del Mezzogiorno. Ma è una goccia nel mare della vergognosa demagogia imperante. (Ho l’impressione che finanche il marito non l’ascolti granché, visto che pure lui – governatore della Campania – preferisce partecipare ai fuochi politico-mediatici dell’ignoranza esibita). Ecco l’intervista.

«C’è una cosa che mi stupisce, sa?».
Cosa?
«Non sappiamo cosa mangiamo, e ci preoccupiamo».
Giusto. E allora?
«Be’, trovo strano che ci si allarmi per una mela che neppure si sa se sia nociva o meno, e invece si continui a fumare e ingrassare. A fare cioè due cose che, al contrario del cibo, sappiamo con certezza che aumentano il rischio del cancro».
Annamaria Colao, endocrinologa, professore ordinario alla Federico II, presidente della European Neuroendocrine association, è stata tra i relatori del convegno organizzato dalla Camera di Commercio. E l’allarme sull’aumento dei casi di tumore nella Terra dei Fuochi, dati scientifici alla mano, non lo condivide.
Che fa, contesta i numeri dei medici di base che parlano di un’impennata di queste patologie?
«Vorrei vederli pubblicati su una rivista scientifica. Io, ad esempio, posso sostenere che oggi vedo una Tiroidite di Hashimoto al giorno, mentre prima ne capitava una ogni sei mesi: dirlo così, però, non serve a niente. Bisogna indagare le cause, e magari si scopre che l’impennata di queste patologie è dovuta alle terapie con sale iodato somministrate per prevenire il gozzo. Considerazioni analoghe a questa vanno fatte per ciò che accade in quei territori».
Le mamme però dicono che lì i bambini muoiono come mai prima d’ora. Non basta?
«È un dramma, e da mamma lo comprendo eccome. Ma i bambini muoiono dappertutto, non solo in Campania. E in quell’area non ci sono dati epidemiologici che testimonino un aumento della mortalità infantile».
Non pensa che ci possa essere un nesso tra rifiuti, alimenti e malattie?
«Io devo valutare dati scientifici. E, soprattutto, devo spiegare che non ci si ammala per una sola ragione. Il cancro, cioè il terrore principale di queste persone, è provocato dall’abbassamento della sorveglianza del nostro organismo. E quest’abbassamento si può avere per tanti motivi: fumo, alcool, virus, predisposizione genetica».
Dice che è solo una questione di destino cinico e baro?
«Dico che la Campania è la regione con il tasso di obesità giovanile più alto d’Italia. E, se tutti sanno che l’essere grassi aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, forse non tutti sanno che quella obesità predispone anche al cancro».
Sia sincera, non crede all’allarme sul cibo contaminato?
«È giusto avere una sorveglianza su ciò che mangiamo, ma andrebbero innanzitutto eliminati i comportamenti che sono certamente a rischio. Mangiare troppo, fumare, bere: sono tutti fattori che aumentano il pericolo di ammalarsi, eppure si continua a farlo. Però poi ci si preoccupa di un cibo che neppure si sa se davvero faccia male».
Quindi ha ragione il ministro della Salute Beatrice Lorenzin? La colpa è degli stili di vita?
«Quella frase, estrapolata così, è un errore. Ma è certamente vero che lo stile di vita incide: se mangio correttamente, non fumo, non bevo e faccio sport, ho da 3 a 10 possibilità in meno di avere il cancro rispetto agli altri. E non sempre l’ambiente dove si vive è determinante. Guardi, è un po’ come accade per l’innocente: se lo metti in carcere gli viene il cancro, ma questo non vuol dire che la galera provoca tumori o che sia inquinata. E poi attenti ad allarmare troppo la popolazione, ci si può ammalare anche per lo stress».
G. A.