Leopolda/3 – Blair, Renzi e gli staff

LeopoldaSe andate all’indice del corposo libro-biografia di un signore che ha governato dieci anni la Gran Bretagna e tredici il partito laburista, tra i nomi più citati ricorrono quelli di Jonathan Powell, Philip Gould, Peter Mandelson, Alastair Campbell. Sono i membri dello staff – generalmente della prima ora – di Tony Blair. Quelli che avviarono con lui l’avventura della trasformazione radicale del partito laburista e poi misero mano all’impresa del governo.

Persone di valore votate alla causa di un leader che intendeva cambiare un partito e un paese. Pronte quindi ad affrontare tutte le difficoltà, gli ostacoli, i contraccolpi, le dure battaglie che un’impresa del genere prevede.

Un leader, che sia davvero tale, costruisce prima di ogni cosa uno staff e ad esso tiene più che ad ogni altra cosa. Non lavora in solitudine, vive in simbiosi con esso. Con lo staff pianifica strategie, individua le tattiche di gioco, previene gli imprevisti, fa fronte alle crisi. Staff e leader compongono una squadra di cui il leader è il frontman, il goleador, mentre lo staff sta nelle retrovie, fa il lavoro oscuro e anche i necessari lavori sporchi, quelli che non danno soddisfazioni e onori ma contribuiscono, e come, alle vittorie. Lo staff si prende le quotidiane cazziate del leader, gli staffisti pagano spesso per colpe non proprie (è da mettere nel conto); in compenso uno staff che funziona può (deve) discutere sempre, criticare anche aspramente, fare un po’ da avvocato del diavolo nei confronti di supponenze e tic del leader che è, di norma, narcisista, egoriferito e  solitamente circondato da adoratori di ogni risma.

Una dinamica viva tra leader e staff è cruciale, nei percorsi delle leadership politiche forti. E’ così in tutti i paesi civili, nelle democrazie mature. Solo in Italia, dove l’individualismo regna sovrano e la cultura politica è primordiale e tribale, i leader non hanno staff, e pensano di potere fare tutto da soli, con amichetti di infanzia e portaborse. Lo danno pure a vedere. Se ne vantano addirittura, i nostri Cavalieri solitari del Nulla, per apparire così più forti. Scelgono e cambiano i collaboratori senza valutarne capacità e competenze, al più si circondano di yes men incapaci di intendere e di volere. Così facendo, evitando la presenza al loro fianco di persone autonome e competenti, mostrano solo estrema debolezza e fragilità. E anticipano quello che poi faranno quando magari andranno al governo, e metteranno in campo squadre di capre. Dal canto loro, i collaboratori ronzano intorno al leader italico di turno con il solo obiettivo di trovare un posto al sole (che poi sarebbe il Parlamento, poveri loro). Mentre gli staff che si rispettano, finita la loro missione, dovrebbero andare a fare altro nella vita.

Fine della lezioncina, andiamo al punto. Quale è lo staff di Renzi? Da chi è composto? Renzi ha uno staff con le caratteristiche descritte? Non pare. Non si direbbe, almeno a vedere lo svolgimento della Leopolda. Ci metta mano, e rapidamente, il giovanotto.

ps. Risparmiatevi considerazioni e facili battutine su staff italici conosciuti in passato (sarebbero disinformate e a forte rischio stupidità) e concentratevi sul punto. E’ molto serio: ha a che fare con l’evoluzione della politica in Italia.