Una mia intervista a Italia Oggi.
In soli 30 giorni, se si considerano le festività, Matteo Renzi ha impresso all’agenda politica un’accelerazione forsennata. La sera dell’Immacolata festeggiava la vittoria e pochi giorni dopo consegnava ad Enrico Letta una lista di cose da fare, iniziando lui stesso a gestire quella più delicata, la riforma elettorale, della quale dettava il calendario parlamentare.
Quindi due direzioni del partito, una via l’altra (prima intercorrevano mesi), e piuttosto animate (anziché pletoriche come un tempo), visto che il presidente neoeletto, Gianni Cuperlo, s’è dimesso in polemica. Nel frattempo Renzi ha fatto strame di vent’anni di antiberlusconismo.
Bizantinismi, riti romani, patti delle crostate, teatrino delle agenzie contrapposte e il tempo dilatato della vecchia politica old style paiono spariti.
C’è materia per parlarne con Claudio Velardi, analista politico fine e poco ossequioso, dopo una vita spesa in politica (Pci-Pds-Ds). Col suo giornale online, TheFrontPage.it, e col suo blog, claudiovelardi.com, mette spesso sotto la lente il fenomeno Renzi.
Domanda. Velardi lei, qualche mese fa, proprio da queste colonne, scongiurava il sindaco di Firenze di star lontano dal Pd, pena la perdita della suo identità rottamatrice. C’ha ripensato?
Risposta. Guardi che, un po’ paradossalmente, si potrebbe dire che Renzi mi è stato a sentire.
D. In che senso?
R. Perché ha fatto e fa il contrario di quello che temevo facesse da segretario, cioè mostra ogni giorno di sbarazzarsi delle ritualità, delle vecchiezze insite in questo partito.
D. Appare un po’ un corpo estraneo, diciamo_
R. Sì, ma un corpo estraneo, non alla base del Pd, quella sana, che l’ha votato e stravotato. È dell’apparato che si dimostra, di giorno in giorno, nemico. È una questione di diversità, è antropologicamente differente. Lo dimostra andando continuamente in rotta di collisione: il suo stesso linguaggio, semplice, offende i sepolcri imbiancati. Una volta col «chi» a Stefano Fassina, un’altra mettendo in discussione le vicende personali, come nel caso di Gianni Cuperlo, al quale ha ricordato di volere la preferenza ma di essere stato eletto con gli agi del listino bloccato.
D. Non chiede permesso, insomma_
R. È una coerenza nuova dell’agire politico che questi non ce la fanno a capire. Quando dice a Cuperlo: «Non sei coerente e ora rompi le balle», dice il vero. E questi se ne scandalizzano.
D. Secondo la ricostruzione di Europa, anche nella riunione dell’altro ieri, coi deputati dem, lo stesso Guglielmo Epifani gli avrebbe ancora una volta rimproverato l’aver mancato di rispetto a Cuperlo. Siamo al livello del richiamo del vecchio professore al ragazzino discolo_
R. Ma che vuole dire? Che cos’è questa parola «rispetto»? Parlare francamente significa essere irrispettosi? Allora bisogna essere ipocriti? Che cosa ha detto di non vero? La colpa è ora l’eccesso di franchezza, la sincerità, la semplicità? La verità è che Renzi sta dando un enorme fastidio. E non solo alla minoranza del suo partito_
D. E poi a chi? Facciamo la lista, Velardi.
R. Innanzitutto ai giornalisti.
D. E ci diamo subito la zappa sui piedi_
R. Sì, sono giornalista anch’io. Ma parlo di un certo tipo di cronista politico che ne è sconvolto, che non sa da che parte prenderlo. Che aspetta solo che crolli. E non per motivi politici ma esistenziali, psicologici.
D. Perché se Renzi crolla_
R. Se crolla questo cronista, ma direi anche la classe dirigente italiana, si trovano confermati nelle convinzione di sempre, e cioè che siamo un paese irriformabile, fatto di piccole merde, mi scusi, di conservatori strutturali.
D. Pensa a qualcuno in particolare fra i colleghi_
R. Penso al tipico giornalista «cinicone», del tipo «io le ho viste tutte, che cosa mi vuoi dire?». Siamo tutti così, via. C’ho di là l’annuario, se vuole glielo vado a prendere. È una forma di vero cinismo. Perché se Renzi va in porto_
D. Ecco, se ce la fa?
R. Restiamo basiti, siamo costretti a rivedere le categorie interpretative. No, dico, se abolisce il senato_
D. Ma come, e l’Italicum me lo salta?
R. Chiacchiere, gigantesche minchiate, interessano solo all’apparato che si deve salvare. Le formule sono fungibili, grosso modo una vale l’altra, la questione è che ci sia una minima rappresentanza e una minima governabilità. Se abolisce il senato, invece, ci rendiamo conto?
D. Spieghiamolo bene_
R. Signori, se chiude il senato della Repubblica è c-l-a-m-o-r-o-s-o. Per questo Renzi sta diventando la speranza anche di chi non ha mai votato a sinistra. L’altro ieri, in un salottino del Freccia Rossa, a un noto imprenditore (che conosco e so che non ha mai nemmeno pensato di votare a sinistra) ho sentito dire questa affermazione: «Renzi è l’ultima speranza per questo paese».
D. In effetti, il segretario Pd, in questo mese, pare aver recuperato moltissimo proprio in quell’elettorato moderato in libera uscita che l’aveva sostenuto alle primarie del 2012 e che, dubbioso, non è andato a rivotarlo in quelle piddine_
R. Esatto. Renzi ha recuperato tutta intera la sua alterità. L’ha capito benissimo B. che non s’è buttato in questa trattativa per rimettersi in gioco, come dicono i suoi corifei alla Renato Brunetta. No, il Cavaliere l’ha fatto perché ha fiuto, perché capisce che cosa c’è nel profondo del paese, perché ha capito che Renzi è in grande sintonia con l’Italia.
D. Ha imposto persino ai suoi di non attaccarlo…
R. Vero. Il che conferma che la notizia di questo mese è una sola: Renzi rimane Renzi. Renzi non si perde nelle logiche della politique politicienne, della politica politicata.
D. Aveva un po’ dubitato anche lei_
R. Ero diventato dubbioso, l’ammetto. Ma ora il sindaco torna a essere interessante. Non solo ha avuto il coraggio di prendere questo partito ma lo sta cambiando. Due volte chapeau. Anzi, tre volte chapeau, perché sta restando se stesso. Restano un marziano sbarcato sulla terra.
D. Quello di Flaiano_
R. Eh no, non quello. Perché quello finisce che tutti lo salutano per strada: «Salve». No, deve essere un marziano deflaianizzato. Dovesse succedere, vorrebbe dire che questa Italia, stanca e impaludata, l’avrà metabolizzato.
D. E ora, nel Pd, che succede?
R. Niente.
D. Come, niente?
R. Niente, resta la disperazione. Cuperlo è stato trascinato su questa posizione da qualcun altro che c’ha i baffi (ride: perché si parla chiaramente di Massimo D’Alema, di cui è stato capo dello staff a Palazzo Chigi nel ’98, ndr).
D. Diciamo baffetti, detto con rispetto_
R. Sì, baffetti.
D. E gli altri?
R. Gli altri aspettano di fare un’opposizione tranquilla. L’opposizione di sua maestà. D’altra parte c’è da tornare a votare, si deve parlare presto di candidature. La situazione mi ricorda l’avvento di Bettino Craxi nel Psi con la sua leadership forte.
D. Appena uscito dal congresso del Midas, intende?
R. Sì. Gli avversari, che pure c’erano, i Claudio Signorile, la sinistra, si misero a fare gli oppositori ma pacati. Diciamo che Cuperlo ha fatto un po’ il Valdo Spini della situazione.
D. Insomma i Giovani turchi si metteranno buoni. Matteo Orfini ha già dato qualche segnale_
R. Ma sì, Orfini, Andrea Orlando, si metteranno a fare ordinatamente la componente della sinistra interna_
D. E, Pippo Civati, che s’è astenuto anche lui, alla direzione dell’altro giorno?
R. Già, Civati chi potrebbe essere?
D. Facciamo Michele Achilli, la sinistra lombardiana?
R. Achilli! Certo, Civati è l’Achilli della situazione. Oltre che lombardiano è pure lombardo_
D. E B., invece a che cosa punta?
R. B., come Renzi, non pensa mai al dopodomani. Guarda all’oggi e al domani. È una visione imprenditoriale, postpolitica. B. è alla mercé di Renzi, poi, sul piano strategico può anche vedere la possibilità di recuperare, con la nuova legge elettorale, gruppi e gruppuscoli usciti in diverse direzioni, dai Fratelli d’Italia ad Angelino Alfano. Ma punta a fare l’opposizione strategica a Renzi.
D. Resta Beppe Grillo_
R. Grillo è quello che ci perde. Perché l’erosione di voti, con quello che Renzi sta facendo, avverrà soprattutto dalla parte più moderata dal suo elettorato. Gli vengono tagliate le ali.
D. Infatti se ne sta abbastanza silente, pare studiare le contromosse, in queste ore lancia un referendum sulla Rete, fra maggioritario e proporzionale.
R. Sì ma qualcosa si è messo in moto, non credo che abbia molte possibilità. E come dice Angelo Panebianco: fare proiezioni della nuova legge con gli assetti odierni è sbagliatissimo. Le cose si stanno muovendo.
di Goffredo Pistelli – Italia Oggi