Quello che doveva accadere è già accaduto: l’esibizione di stasera, in sé, conterà poco o nulla. La presenza da Vespa è già servita a Grillo per dimostrare di essere al centro del sistema. Non importa (naturalmente) cosa dirà: mai come nel suo caso, i cosiddetti contenuti sono del tutto ininfluenti. Importa anche poco come lo dirà. In queste ore i sempre cosiddetti esperti si interrogano ansiosi su modalità, prossemiche, stili, toni di voce, trovate ad effetto dello show. Ma la pensata (eventuale) servirà giusto a fare domani i titoli dei giornali. Ed è pure possibile che non ci sarà, perché – nel gioco infinito dello spiazzamento comunicativo combinato con la valutazione dei target tv – può darsi che il comico trovi di maggiore impatto (su Rai1, alle 23.30: orario e rete per anziani, malati di politica, professionisti dell’informazione, spesso la medesima categoria) una presenza compassata, sorniona e piccolo-borghese rispetto all’ennesimo numero trash di varietà.
Conta, invece, che Grillo sta facendo bene l’agenda setting della campagna elettorale, e la serata chez Vespa ne sarà il suggello. E’ lui che da giorni mena le danze: impazza nei Tg, nei sondaggi nascosti e, naturalmente, nei commenti degli analisti, che nel suo attivismo trovano pen(s)ose conferme del loro stanco cinismo. Mentre il suo contendente fiorentino pare avere un po’ di fiatone, come se la forsennata corsa dei quasi 90 giorni di governo stia rallentando a pochi metri dal primo traguardo significativo. Vedremo se negli ultimi giorni della campagna Renzi si riprenderà la scena, andando al di là del conflitto muscolare sul tasso di riempimento delle piazze (che non sono mai state un segnale attendibile degli orientamenti dell’elettorato).
Quello che è certo, più in generale, è che da anni non c’è alcuna corrispondenza meccanica tra strategie mediatiche e voti veri. Oggi, mentre non dai sondaggi ma dai trend strutturali – che si consolidano da mesi – è lecito immaginare una buona affermazione del Pd (intorno al 30% e forse oltre), non si può dire altrettanto del M5S, che in tutte le indagini ha un andamento più altalenante. Difficilmente, a mio parere, Grillo andrà al di là del risultato del 2013. Quel 25% inaspettato gli arrivò per una serie di circostanze non ripetibili: il fallimento dei tecnici, la crisi verticale di Berlusconi, il grigiore di Bersani; né era sondabile in maniera attendibile un movimento nella sua fase esplosiva. Oggi è tutto diverso: il M5S è il voto più “politicamente corretto”, di facile presa e “dichiarabile” nei sondaggi. Non è affatto detto che si manifesti nella stessa quantità nelle urne.
E sia chiaro. Il mio non è un esorcismo, è una previsione. Ne riparliamo lunedì prossimo.