Annunici e realizzazioni

imgres-4Oggi Goffredo Pistelli mi ha intervistato su “Italia Oggi”. 

Dopo lo scontro a distanza Piazza S.Giovanni-Leopolda, Claudio Velardi è un interlocutore obbligato. Perché questo caustico 60enne napoletano, che per tanti anni è stato fra giornalismo e politica, fino a diventare consigliere politico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi nel 1998, ha a che fare con i due luoghi.

Viene infatti idealmente dalla prima ed è approdato da tempo alla seconda, quando Matteo Renzi non era affatto nel mainstream, anzi.

Domanda. Velardi a che punto è l’antirenzismo del Paese? Il via libera di Bruxelles alla legge di stabilità, martedì sera, è stato accompagnato quasi da un certo sbigottimento dei critici più inflessibili, che scommettevano sulla bocciatura.

Risposta. Guardi, lo sconcerto di certi rottami della politica e dalla informazione, non lo calcolo proprio.

E che cosa val la pena prendere in considerazione, allora?

Secondo me è molto più rilevante il commento del professor Giuseppe Guarino sul Corriere di oggi (ieri per chi legge, ndr), ha presente?

Come no, il teorico degli accordi europei come golpe giuridico: ItaliaOggi è stata la prima a intervistarlo sulle sue teorie anti-euro. Perché è importante la chiosa di questo anziano giurista?

Perché dice che Renzi ha fatto una rivoluzione sul fiscal compact.

Sì ma dice che l’ha fatta «forse inconsapevolemente»…

Lasci perdere quell’aspetto: sono parole in cui c’è tutta la boria e la prosopopea, un po’ ridicola ammettiamolo, della vecchia classe dirigente, che cerca di spiegare tutto ex-post, anche le cose che, malauguratemente, Renzi fa bene.

Ma perché è importante Guarino, allora?

Perché lui riconosce che, per la prima volta, qualcuno in Europa abbia osato mettere in discussione i sacri parametri. Riconosce che sia un fatto enorme, capace di far da battistrada a tutta un’ampia riflessione. Un fatto così clamoroso che, appunto, il professore si lascia scappare che possa essere non cosciente.

E quindi?

E quindi al netto di questi commenti, che hanno a che fare con la psicologia e un po’ la psicanalisi di una vecchia classe dirigente, resta il fatto, Renzi ha compiuto qualcosa di mai visto prima nella politica europea. Nessuno, fino a oggi, aveva spinto così avanti la critica a tutta la filosofia dei limiti agli stati. Questo il punto vero.

La vasta schiera degli oppositori, a tutti i livelli, è ossessionata dall’annuncite del premier che, poi, quando le cose vengono fatte, rimane effettivamente un po’ attonita.

È un meccanismo che scatta su tutto: Renzi dice di scassare qualcosa, di voler fare una rivoluzione in un settore? Prima lo irridono: «È impossibile», commentano, «chi sei tu, per pensare di poterlo fare?», gli chiedono, «non sei i condizioni», obiettano. Poi si mettono a fargli le bucce nel dettaglio, provvedimento per provvedimento.

E poi cosa succede?

Succede che, in otto mesi, il presidente del consiglio abbia fatto, è vero, molto annunci, ma di aver realizzato già quello che molti altri governi non hanno fatto nelle decine di anni precedenti.

Di bucce ne fa molte Massimo D’Alema nell’intervista al Sole 24 Ore di oggi (ieri, ndr)…

È incredibile. Una pagina intera a mondare l’arancio, a infilarsi in cento cosettine, con puntiglio. Dopodiché, nella sostanza, anche lui può parlarne perché Renzi ha fatto quella rivoluzione chiamata Jobs Act.

Un’intervista che in effetti dà la sensazione di rafforzare Renzi…

Ma certo. Non c’è alcun dubbio. Ma questo è propriamente il paradosso di un certo antirenzismo: rincorre continuamente cose che il premier ha fatto e sta facendo.

Una coazione a ripetere…

Guardi, torniamo a Guarino. Che cosa riesce a dire? Che lo ha fatto inconsapevolmente, quando, al contrario, doveva dire: «Bravo, vengo a trovarla, facciamo la rivoluzione».

E invece niente. Ma secondo lei, a Renzi tutto ciò che effetto fa?

Secondo me ne ride, e non dico per dire. Ride di questi conati da vecchia classe dirigente che non batte più chiodo e che ha reazioni psicanalitiche appena si sveglia la mattina. E soloneggia. Se mi dessero due soldi, che lavoriamo per campare, andrei io a fargliela l’opposizione a Renzi.

E che cosa farebbe?

Lo inchioderei sullo scarto fra annuncio e realizzazioni, ma non nel senso della differenza fra slide e provvedimenti, quanto fra distanza fra le idee della rottamazione e la prassi.

D.Per esempio?

Prendiamo le Camere di commercio? Fossi uno dell’opposizione mi metterei davanti a una di queste con un bel cartello con su scritto: «Caro premier, avevi detto che le avresti abolite, perché stanno ancora aperte?».

E invece?

E invece fanno subito la battaglia a difesa: «Nessuno tocchi le camere».

Stiamo trovando dei difetti a Renzi. Andiamo avanti.

Per esempio che, per certi aspetti, è un po’ Berlusconi e un po’ Giulio Andreotti, buonanima.

Bingo, un singolare ircocervo…

Ma no, è un po’ Berlusconi perché fa tutti gli annunci di questo mondo. Sono fantastici, meravigliosi e, badi bene, non li critico affatto.

E Andreotti?

Andreotti subentra nella pratica quotidiana. A Napoli si direbbe che Renzi «è nu carro pa’ ‘a scesa» , cioè è impegnato nel mantenere l’assetto dell’esecutivo e a che non si ribalti. Ecco quindi le frenatine, i piccoli accordi, le concessioni.

Nell’opposizione a Renzi c’è anche quella interna al Pd. Lei è sempre stato scettico sulla possibilità di una scissione. Lo è anche dopo Piazza S.Giovanni?

Mah. Resto estremamente dubbioso. Ci vorrebbe, mi scusi l’espressione, un leader con le palle.

Che facesse, cosa?

Ci vorrebbe qualcuno che fosse disposto ad attraversare il deserto, a mettere in forse le sinecure di partito, il posto in lista, il vitalizio, e ricostruisse una presenza della vecchia sinistra.

Che avrebbe ancora uno spazio?

Certo, in un paese arretrato e corporativo come questo, la vecchia sinistra Otto-novecentesca andrebbe rappresentata, ma…

Ma?

Questi vogliono la botte piena e la moglie ubriaca e ci sarebbe il corrispettivo napoletano che però ora non mi viene.

Nel senso?

Nel senso che vogliono fare bei discorsi, partecipare alle manifestazioni, riempirsi un po’ di parole come «stare dalla parte dei più deboli», senza perdere di vista, però, il seggio alle prossime elezioni che, prima o poi, verranno. Anzi, più passa il tempo dal quel corteo e da quella manifestazione, più si percepiscono, nella minoranza Pd, gli arretramenti, le ricomposizioni, finché quelle parole d’ordine svaniranno.

Ma insomma, lei non riconoscerebbe, chessò, a un Alfredo D’Attorre o un Pippo Civati gli attributi per fare un’operazione simile?

Guardi che ho parlato di leader, forse non ci siamo capiti.

Goffredo Pistelli, Italia Oggi

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