Interpretazioni

L’ermeneutica musicale moderna – diceva Schleiermacher – è fatta di due modi correlativi di interpretazione, quella grammaticale e quella psicologica. Più in generale l’arte è di chi la usa, l’adatta, la deforma. La regola vale anche per le cose sacre, i monumenti inarrivabili. Forse a maggior ragione. Perché, per quanto tu possa ferire o deturpare, il nucleo del capolavoro – se tale – rimane intatto. Questo sull’ineffabile piano dei principi, che Paul Valery forzava fino a dire: “C’est l’exécution du poème qui fait le poème”. Però, quando ho ascoltato questo Marcello Peghin storpiare il Verbo, piegare l’Enciclopedia Unica della Musica alle esigenze di una chitarra (a dieci corde, ancora più bastarda che a sei), ho avuto reazioni violente, tante sono le licenze sgrammaticate e le violenze gratuite nei confronti del CBT. Roba da Daspo (che ci starebbe in tanti casi, non solo in uno stadio).

Poi, pensandoci, mi sono detto: ma se Benigni può recitare Dante e D’Alema può pensarsi come statista, perché negare a Peghin e alla sua chitarrona l’accesso al Sommo?