Gerusalemme

Ho colmato un vuoto imperdonabile. Non conoscevo Israele, non avevo mai visto Gerusalemme. Stamattina ero lì, ai check-point della città vecchia, tra una famiglia che festeggiava con canti e balli il bar mitzvah di un ragazzo, un gruppo di ultraortodossi che manifestava, e centinaia di donne musulmane che scandivano “Allah akbar”. Ho pensato di trovarmi nel buco nero del mondo. Nel luogo dove si concentra tutta l’incredibile vicenda umana, nella sua grandezza e con le sue infinite debolezze: l’intera storia (almeno di questa parte del mondo che pensavamo fosse il suo centro) esposta in questa sorta di Expo permanente delle religioni d’Occidente. Persone che sciamano con addosso divise diverse, si contendono un simbolico lembo di terra, vivono a ridosso l’uno dell’altro e non si riconoscono, condividono la stessa, imperfetta natura umana e invocano un dio unico e diverso. Gerusalemme mi ha stordito. Penso abbia aumentato le distanze tra me e le confessioni religiose, ma mi ha anche rafforzato nella convinzione che non possiamo essere convinti di quasi nulla.