La filosofa, il declino della violenza (e la sinistra)

Abbiamo saputo solo stamattina (problema nostro) dell’esistenza di una filosofa a nome Donatella Di Cesare. Scrive di violenza sul Corriere, in questi termini: “Una violenza endemica percorre le strade delle nostre città, travolge e scuote borghi isolati e piccoli comuni, imperversa tra le mura domestiche… … non c’è diritto né divieto che sembra poterla arginare… … questa violenza fa apparire obsoleto ogni scontro regolato… … e infierisce sul più vicino, sul prossimo, su chi, per sorte, è a tiro”. Un affresco – come vedete – idilliaco, che si conclude così: “La violenza è ormai protagonista delle cronache e mette in crisi il grande racconto del miglioramento, quel mito del progresso che appare sempre più una finzione”.

Alla filosofa ci permettiamo di dare due consigli. Il primo è sorridere a se stessa e ai suoi cari al risveglio, salutare con partecipe educazione i suoi vicini (se ne ha) quando esce di casa, osservare con interesse la gente che passeggia per strada, i ragazzi che si scambiano baci, gli alberi che fioriscono proprio in questi giorni, assaporare la bontà di un caffé ben fatto scambiando una chiacchiera con il barista. Dal tono del suo pezzo ho l’impressione che queste pratiche non le frequenti troppo.

Poi, al ritorno a casa, la filosofa può seguire il nostro secondo consiglio. Leggere “Il declino della violenza” di Steven Pinker. Un librone mastodontico, che mescola storia e antropologia, sociologia e psicologia, religione, diritti, psicanalisi, teoria dei giochi, statistica (soprattutto), per affermare un concetto di semplice, assoluto buonsenso. E cioè che il mondo, grosso modo da sempre, migliora. Costantemente, senza significativi intoppi.

Migliora il mondo perché migliorano gli esseri umani, che diventano meno violenti, più socievoli ed empatici man mano che si allontanano dal vagheggiato stato di natura rousseauiano per conquistare, passando per il Leviatano, regole e convenzioni della democrazia. Nulla di nuovo sotto il sole, direte, e magari anche un po’ statica come analisi. (Pinker, per esempio, non riesce a concepire evoluzioni sociopolitiche che prevedano forme di autogoverno, che a me stanno molto a cuore). Ma i dati, i grafici, le statistiche che riempiono il libro, sono nell’insieme inoppugnabili. E dimostrano a sufficienza l’assunto di base: la violenza – spauracchio quotidiano nelle chiacchiere del borghesuccio spaventato, nel conformismo dell’informazione, nelle fobie che certa politica vuole che introiettiamo – sta declinando. E questo avviene, nella maggior parte del mondo, in uno con la crescita della democrazia (e del mercato). E tutto ciò comporta per tutti una vita più vivibile, più bella, più agevole, più ricca.

Proprio qualche sera fa ho pensato perché il volumone di Pinker mi piacque tanto, quando lo lessi. E’ stato nel corso di una di quelle folli discussioni che si fanno in rete, cercando di rintuzzare una delle mille geremiadi delle vestali della nostalgia che ci circondano e ci opprimono quotidianamente, e che fanno invariabilmente parte di un universo politico e valoriale che ho frequentato per tanto tempo. Un universo che – come è noto –  si chiama sinistra.

Direte che con il tema sono fissato. Ossessionato. Sarà pure così. Ma fatemi spiegare. Ho imparato da bambino l’equazione progresso-sinistra. L’ho ricevuta in eredità (l’unica) da mio padre, già iscritto al Pci, in età matura uomo tiepidamente di sinistra, che diceva soddisfatto “il mondo progredisce” guardando Gagarin in Tv, scoprendo un nuovo elettrodomestico, o anche di fronte ad una ragazza in minigonna. Aggiungendo, come dicendo un’ovvietà: “Il mondo va a sinistra”. Perché all’epoca  non c’era l’ombra del dubbio: sinistra, progresso e ottimismo andavano a braccetto. E questo valeva per tutte le “categorie“. Ora sono cambiate le cose? Non c’è più progresso al mondo? Pinker ci spiega che non è così, affrontando il gigantesco tema della violenza in ogni sua forma, dalla guerra alla negazione dei diritti delle persone e degli animali. Vogliamo parlare di altri grandi temi? La tanto vituperata globalizzazione consente oggi a miliardi di esseri umani di vivere decorosamente e sognare un nuovo futuro. La rete ci consente di essere comodamente collegati e aggiornati su tutto quanto ci circonda. Viviamo tutti di più e meglio. E così via. E la sinistra? La sinistra – non solo in Italia, intendiamoci – invece si intristisce sempre più, mugugna, diventa cupamente nostalgica di un mitico tempo perduto, da rivoluzionaria che nacque ci diventa giorno dopo giorno conservatrice, finanche “reazionaria” (che una volta era la peggiore accusa che si potesse lanciare a qualcuno). Ecco, io non mi rassegno tanto facilmente ad una sinistra che diventa una roba così. Per questo vorrei che il libro di Pinker diventasse lettura obbligatoria per tanti che pensano di esserlo, “de sinistra”.

Ma farebbe molto bene anche alla Di Cesare (che non so se sia di sinistra, ma dalle cose che dice non si può escludere). Sorrida, signora. Il mondo è bello.