Squilla il telefono di casa qualche sera fa, verso le 20. Dopo le premesse d’obbligo (“Ci scusi per il disturbo, possiamo porle qualche domanda, solo alcuni minuti…”), una signorina con voce legnosa – sarà stata dell’Est Europa, immagino – mi chiede: “Signore, in quest’ultimo anno, in Italia le tasse sono aumentate, rimaste invariate o diminuite?”. “Non saprei dirle, signorina, dovrei controllare… intanto lei a che anno fa riferimento? Immagino che parliamo della dichiarazione dei redditi presentata nel 2014, cioè riferita al 2013, o sbaglio?”. “Signore, qui dice ‘nell’ultimo anno’…”. “Beh, ma lei saprà che la dichiarazione dei redditi 2015, riferita al 2014, non è stata ancora presentata. Ci sono scadenze diverse, anche lontane: per Unico tra maggio e giugno, addirittura a settembre se si usano i servizi online, per il 730 a scadenza è il 7 luglio, per le integrazioni e le rettifiche si arriva al 10 novembre… Come faccio a dirle?”. “Signore, la prego, lei risponda semplicemente alla domanda che le ho fatto…”. “D’accordo, l’accontento. Quindi parliamo delle tasse pagate per il 2013”. “No, signore, le ho chiesto nell’ultimo anno…”. “Già, ma le ho detto che questo non posso saperlo”. “Guardi, allora facciamo una cosa, le riformulo la domanda. Secondo lei, nell’ultimo anno le tasse sono aumentate, etc…?”. “Secondo me in che senso? Mi sta chiedendo un’opinione?”. “Ecco, signore, le chiedo una sensazione, una valutazione… insomma un giudizio, il committente ci deve fare il titolo tra qualche giorno”. “Ah, ho capito. Allora è diverso. Prenda nota: certo che le tasse sono aumentate, non se ne può più. E aggiungo che voglio anche più servizi, e – per favore – magari senza pagare”. “Oh, finalmente. Grazie, signore. Lei è stato molto gentile. Buonasera”.
PS. No, la telefonata non c’è stata. Come milioni di italiani, non ho neppure più il fisso a casa. Ma il colloquio è assai verosimile. I sondaggi si fanno così, ormai vi è noto.