Il mercato è il nemico della povertà

Il mio amico Peppe posta su fb questo grafico, tratto dall’Indice Globale della Fame 2014 pubblicato dal Cesvi,  un’organizzazione non governativa attiva dal 1985 nella cooperazione allo sviluppo: una Onlus certamente non amica delle famigerate multinazionali, del capitalismo e del mercato. I dati riportati non potrebbero essere più chiari: negli ultimi 14 anni lo stato della fame nel mondo è migliorato del 39%. La situazione globale – riporto dallo studio – “rimane grave: 805 milioni di persone ancora vivono nell’insicurezza alimentare e in troppe aree del mondo la povertà limita l’accesso della popolazione a cibo adeguato e nutriente”. Ma i passi in avanti sono stati giganteschi, grazie agli sforzi dei governi e delle Ong, grazie alle campagne e a progetti mirati delle grandi aziende multinazionali, ma soprattutto perché in molti dei paesi poveri della terra si è finalmente sviluppata una vera economia di mercato, unico volano concreto di crescita per tutti. E quindi di liberazione dalla povertà. E quindi dalla fame, dalla denutrizione, dalla mortalità infantile, dalle malattie endemiche. La plastica, solare dimostrazione di questa verità è data dalla classifica dei paesi dove la diminuzione della fame è stata maggiore: il Kuwait (-90%), la Thailandia (-77%), il Vietnam (-76%).

Manifestando tutta la mia solidarietà al padre per la sua dignitosissima intervista di oggi, darei da studiare obbligatoriamente a memoria questo rapporto a Mattia, il ragazzo del “giusto spaccare tutto” di ieri. E anche alla signora Vandana Shiva, che proprio in queste ore sta cianciando di “circolarità contro l’economia lineare” (?), di “agricoltura familiare” contro quella industriale e di altre simili amenità. Ne parla proprio dentro Expo, che lei stessa ha definito “la vetrina dello spreco”. Ma è questa la bellezza del capitalismo: è talmente forte di suo da sopportare che tutti gli vadano contro. A partire dai figli di papà che spaccano vetrine per finire a quelli – come la signora – che lo utilizzano per il proprio personalissimo marketing.