Il “genere” intervista ha molte varianti, nei giornali. C’è l’intervista leccata, il genere più frequentato. L’intervistatore insegue l’intervistato nei suoi desiderata, lo coccola e lo blandisce, lo fa parlare a ruota libera e, a intervista chiusa, inserisce delle domande (tipo “Come?”, “Perché?”) per dimostrare che di intervista si tratta. E’ il genere preferito dai giornalisti, che devono solo sbobinare e attestare il loro status di servi, e dai politici, che ricevono uno spazio pubblicitario gratuito. Poi c’è l’intervista sfiziosa, in cui il giornalista – nella gerarchia un gradino al di sopra dei servi – fa finta di interloquire con l’intervistato e gli pone qualche domandina, magari sul filo dell’ironia. Il risultato in questi casi è che il lettore si chiede: “Carino il giornalista e anche l’intervistato. Ma che cosa si sono detti?” Un passo avanti, e si arriva all’intervista puntuta, nella quale l’intervistatore – tendenzialmente antipatizzante nei confronti dell’interlocutore – cerca di mettere in difficoltà l’intervistato, saltando di palo in frasca, tornando su argomenti falsi o speciosi, e soprattutto sull’unica tesi che gli interessa affermare: che il suo interlocutore è uno stronzo. Infine c’è l’intervista a prescindere, in cui l’intervista è solo una scusa per il giornalista, il cui unico problema è attestare il proprio infinito narcisismo e la rabbia dovuta al fatto che non si trova al posto dell’intervistato.
C’è poi un genere particolare, che è l’intervista istituzionale, quella riservata ai Presidenti della Repubblica o del Consiglio o comunque a autorità di peso indiscutibile e/o crescente (una volta anche ai segretari di partito, quando i suddetti esistevano). In genere questa intervista si prepara con cura, a volte le domande si inviano prima, e dopo si rivede il testo (tutti gli addetti ai lavori sanno che cosa significa rivedere il testo delle interviste di una personalità che ha avuto per lunghissimo tempo ruoli di primissimo piano in Italia, e non facciamo nomi…). L’intervista istituzionale crea una scissione nel giornalista. E’ un onore farla, perché il direttore la commissiona ad una firma importante o ad un astro nascente della redazione. E spesso aprirà il giornale o andrà in terza, insomma in una posizione di privilegio. Ma è anche un impegno, perché comporta lavoro e conoscenza dei problemi: ostacoli insormontabili per il grosso della categoria (ormai agli ultimi posti nella classifica del prestigio sociale, come testimonia stamattina un’indagine di Repubblica).
Tutta questa manfrina per dirvi che oggi sul Corriere c’è un’intervista alla Boschi che è quasi – forse senza quasi – un’intervista istituzionale. Galluzzo fa delle domande non finte, la Boschi risponde in maniera lineare, con un aplomb che definirei presidenziale, dando anche una notizia non da poco (“Faremo la legge sul conflitto di interessi”). Segnalo l’intervista solo per ribadirvi che, in tempi che non saranno brevi ma neanche lunghissimi, questa ragazza farà ancora più strada di quanta ne abbia già fatta. E’ il meglio che ci sia in circolazione.