Ancora sulla buona scuola

Di seguito un altro bel post sulla scuola, che un insegnante ha pubblicato sul suo blog (http://robertobalzano.blogspot.it) in risposta alla lettera di Renzi ai professori. Lo trovo ben scritto, equilibrato e civile.

Gentilissimo Matteo,
con ogni evidenza lei e il suo governo avete determinato un grado e una qualità di attenzione sul mondo della scuola che è il dato politicamente e socialmente più rilevante di questa fase. Di ciò non si può che ringraziarla, e augurarsi che questo processo di riforma e di innovazione possa finalmente cominciare a strutturarsi. Processo che, provando a designare per l’istituzione scolastica una forma e un ruolo adeguato al presente e al futuro, che è così carico di incertezze e quindi di sfide, non poteva pensarsi esente da ostilità (esterne) e da contraddizioni (interne). Ma questo è il rischio di qualsiasi azione riformatrice, e credo che le sia in tutti i suoi aspetti piuttosto ben presente.
La ringrazio per la sua lettera. Condivido in buona parte l’impostazione metodologica del suo discorso e del disegno di legge attualmente in discussione. Ma lo valuto, appunto, l’inizio di una fase nuova che è ancora di là dal venire. Una riforma del ruolo della dirigenza scolastica e dell’accesso a essa, il ridisegno più organico e democratico dei cicli di istruzione, una discussione più approfondita, concettualmente più attenta, del rapporto tra mercato del lavoro e formazione scolastica, saranno i passi successivi, quelli che spero ci impegneranno nei prossimi anni. La tensione verso una giusta misura tra la necessità del merito e della valutazione e la garanzia dell’autonomia, sia per i docenti che per gli alunni, è l’orizzonte idealmente indifferibile che la modernità consegna alle istituzioni educative e formative. Dal suo discorso, dallo spirito della proposta legislativa, emerge questa consapevolezza. Per questo mi sento di dirle che sono dalla sua parte e che la appoggio con convinzione. Non so allo stato attuale ancora immaginare che scuola prenderà forma dopo l’approvazione della legge, né se e come sarà il mio posto in essa. Ma è una sfida. Mi piace. E la accetto.
Io appartengo alla sua stessa generazione (sono del 1979). Da insegnante e da coetaneo le dico che saremo in grado di essere partecipi del cambiamento, di non subirlo, di creare le condizioni per una società più libera e giusta, se ci faremo carico della volontà di trasmettere quello spirito autenticamente riformatore e costruttivo, per il quale si ha coscienza che le conquiste di oggi non sono altro se non la base per ciò di cui ci sarà bisogno domani. I nostri figli e fratelli più piccoli, nella sconfinata tenerezza della loro spaesata gioventù, in fondo non chiedono che esempi di operosa onestà intellettuale, attraverso cui essere aiutati a orientarsi sin da subito responsabilmente verso il loro percorso di vita in maniera meno blandamente elusiva, rispetto a quel che finora si è fatto, della dimensione conflittuale del divenire delle società. Anche rispetto a questo il modello di scuola tracciato nel disegno di legge del governo mi sembra meglio rispondente e servibile.
L’attenzione e la cura e capacità ricompositiva attraverso cui si determina il giudizio sulla “bontà” dell’intervento legislativo, amministrativo, e anche scolastico, nascono dalla messa a fuoco della consistenza e della qualità delle forze che agiscono nella società e nelle istituzioni, e dall’assunzione dell’onere della scelta e del cambiamento. Da questo punto di vista lei continua a essere senza dubbio un esempio, e come tale spesso la propongo ai miei studenti. Non dimentichi però di sottolineare ogni volta che quello che si sta iniziando ora è un processo di riforma il cui senso liberatorio finirebbe con l’essere presto svilito e smarrito senza la previsione del suo approfondimento, della sua espansione. La cultura e l’educazione che servono a trovare il proprio posto all’interno di una società in cambiamento, devono essere dinamiche e in costante evoluzione al pari delle istituzioni in cui vengono praticate e trasmesse. È questo ciò cui siamo tutti chiamati a non sottrarci. Almeno quelli che, come lei, come me, hanno deciso ormai da qualche tempo che era giunto il momento di provare in proprio un nuovo modello di società, di politica e di responsabilità individuale e convivenza civile.
La saluto con simpatia, augurandole buon lavoro.
Roberto Balzano