Matteo, sono solo i titoli di coda

E’ chiaro che stai ancora schiumando rabbia per i giornali di stamattina. Ma respira profondo, fermati a riflettere e non rispondere loro come sarebbe giusto e come vorresti. Hai fatto di tutto per imporre un altro finale alla puntata, hai fatto arrivare Matteo 3 con la Playstation, hai messo 5000 km e una mimetica tra te e il voto, ma la storia era già scritta. Queste elezioni dovevano essere la tua “battuta d’arresto”. Perché così vogliono le leggi dello storytelling.

Pensaci. Finora hai bruciato tutte le tappe con una velocità impensata. Ti sei preso in un amen partito e governo, hai messo al lavoro come mai un Parlamento che ti è nemico, progetti riforme, fai e disfai alleanze, irriti corporazioni (a partire dalla più sporca, quella dei giornalisti). Da un anno e mezzo passi da un trionfo all’altro e la rabbia dei tuoi nemici è montata proporzionalmente al loro crescente numero. Volevi che il racconto non avesse mai un punto di rottura, che fosse una continua, trionfale passeggiata? Ma allora sarebbe una soap, non un drama. Traumi, punti di squilibro, incidenti scatenanti sono il sale di ogni storia che si rispetti. Come l’episodio di domenica, che può diventare la leva – te la dico così, perché ti so esperto della materia – per un bel turning point (a patto che tu sappia superare o quantomeno gestire il tuo fatal flaw).

D’altronde un po’ te lo sei chiamato, l’episodio. La sceneggiatura del voto regionale era nelle mani dei tuoi avversari dall’inizio (ogni elezione di midterm lo è, nel racconto politico contemporaneo). I tuoi interessi altrove, il partito non riformato, i territori non coperti, le primarie random. I nemici che si assiepano sui bordi del canyon: corporazioni varie, sindacati e castine, media di ogni ordine e grado. E tu che passi nella gola con il tuo esercito di smandrappati: 3 su sette non sono tuoi, 2 sono bravi capitani di ventura, tu ti prendi in collo le 2 più scarse.

T’è andata anche bene, e lo sai. Potevi perdere Umbria e Campania e diventava un’altra storia, non un episodio di questa. Ma il punto è che – pure se avessi preso la Liguria – stamattina ti avrebbero detto comunque che Emiliano fa partita a sé, che dipendi da De Luca che dipende da De Mita, che passare in un anno dal 37% al 16% in Veneto non è fine, e così via. La puntata così doveva andare, come testimoniano stamattina i titoli di coda: la Repubblica che ti bacchetta perché non hai tenuto la sinistra unita, e il Corriere che ti intima di badare in futuro ai corpi intermedi.

Due ottimi spunti – se ci pensi – per costruire il prossimo racconto facendo esattamente il contrario di quello che ti chiedono. Fallo, e il pubblico tornerà a divertirsi e ad appassionarsi.