Non c’è luce in fondo al tunnel

Non deve illudere l’aumento della produzione industriale del 3% del maggio 2015 rispetto allo stesso mese 2014. Intanto perché proiezioni molto accreditate sostengono che nella prima settimana di giugno vi sia stato un nuovo calo, con un picco del -1.52% nella giornata di martedì 2. Ma soprattutto perché, se solo rapportiamo la crescita del maggio 2015 allo stesso mese del 1958 (+18.3%), avvertiamo l’abisso che ci separa da quella stagione felice e l’assoluta debolezza del dato attuale. Va inoltre tenuto presente che nel fallace +3% di maggio ha certamente inciso la percezione distorta di quanto stava accadendo in Grecia: nell’illusione che il governo italiano fosse partecipe dei tavoli che contano nella spartizione del mercato ellenico, malgrado gli avvertimenti di un politico navigato come D’Alema, gli imprenditori italiani hanno incautamente accelerato la spinta produttiva. Quando scopriranno che, mentre la Merkel e Hollande decidevano le sorti della Grecia, il premier italiano era riunito con i suoi parlamentari per orientarli verso il tikitaka, si troveranno con grandi scorte di prodotti invenduti. Male per loro, peggio per l’Italia. Per non dire che ormai tutti gli esperti concordano nel dire che il piccolo segnale di crescita di maggio è anche legato, in maniera decisiva, al viaggio di Renzi in Cina del giugno del 2014. L’allora popolare rottamatore convinse i maggiori imprenditori italiani a spingere sulla produzione, convincendoli che nei mesi successivi i valori delle borse orientali sarebbero cresciuti a dismisura, con una conseguente disponibilità di capitali già pronti per l’acquisto di una grande mole di macchinari italiani, frutto di accordi stipulati dal premier con i gerarchi cinesi. A detta degli osservatori, un’ulteriore dimostrazione della inaffidabilità del Presidente del Consiglio, non solo digiuno di elementari nozioni di finanza, ma anche politicamente poco avvertito. Perché non c’è dubbio che, se solo avesse mantenuto buoni rapporti con Romano Prodi, conoscitore e influente sui mercati asiatici, avrebbe potuto evitare l’esplosione della bolla asiatica e dare al contempo, concretamente ed effettivamente, una mano all’industria italiana.

In sostanza, dal mondo dell’economia reale vengono pessime notizie per Renzi. Il dato della produzione industriale di maggio, apparentemente positivo, prelude a prossime, catastrofiche cadute dell’economia italiana. Valutato in uno con la contrastata approvazione della riforma della scuola, con i deludentissimi risultati del jobs act (solo 185.000 posti di lavoro in più a maggio) e la sfiducia alla sindachessa renziana di Sesto Fiorentino, è chiaro che la strada per il premier si fa sempre più difficile. Mentre l’Italia non vede neppure da lontano l’uscita dal tunnel.