Torno sul week end politico trascorso per motivare il mio misurato ottimismo su quanto è accaduto.
Al di là dei giudizi di merito che se ne danno, il fatto che si crei una forza politica a sinistra del Pd è un bene. Se Fassina&C sapranno dotarsi di una leadership credibile e spendibile, aggregando forze ora disperse, potranno puntare ad una dignitosa rappresentanza politica di umori e sentimenti innegabilmente presenti nella società italiana. Un loro solido insediamento nel mondo della sinistra tradizionale potrà anche contribuire, di riflesso, a dare al Pd un profilo più schiettamente innovatore e riformista.
Più importante è la piazza di Bologna. Anche in questo caso bisognerà vederne l’evoluzione; al momento non è chiaro se e in che misura Berlusconi intende prendere atto della leadership di Salvini. Ma non c’è dubbio che la ricostruzione del centrodestra sia in sé un fatto positivo. Almeno – e qui veniamo al punto – per chi, come me, spera che il sistema Italia ri/trovi un suo assetto tendenzialmente bipolare, imperniato su due schieramenti alternativi in grado di governare.
Mi trovo in nettissima minoranza, al momento. Tutti ragionano come se l’attuale tripolarismo sia un dato strutturale, e che i rapporti di forza al suo interno non possano cambiare, in tempi realistici. La vulgata che ne discende è nota: la prossima competizione elettorale prossima sarà tra Renzi e Grillo; e se Renzi non ce la fa al primo turno, al ballottaggio potrebbe finanche vincere l’antirenzismo coagulato intorno a Grillo, perché la sinistra estrema (e fin qua…) e la destra (bum!) voteranno CinqueStelle.
La mia opinione è diversa. Non solo penso che non andrà così (l’M5S prende nei sondaggi parecchi più voti che nella realtà) ma credo addirittura che il voto grillino possa essere in una certa misura riassorbito, fino ad assumere una dimensione accettabile per il sistema. Questo può accadere a tre condizioni, ugualmente importanti: 1) se riprende vigore la naturale alternativa a Renzi, cioè un centrodestra organizzato con un’accettabile leadership; 2) se la fuoriuscita dalla crisi economica diventa strutturale, almeno di medio periodo; 3) se si arresta, o almeno acquista una dimensione fisiologica, la sequela degli scandali veri o presunti che alimenta l’anticastismo.
Ora, la giornata di domenica ci dice che la destra può tornare a competere. E possiamo anche – a mio avviso – nutrire speranze fondate sul miglioramento dell’economia. Più incerta è l’evoluzione del punto 3, non perché gli italiani siano inguaribilmente corrotti e mariuoli, ma perché sul tema agiscono due poteri forti (magistratura e informazione) che hanno tutto l’interesse a costruire continui processi mediatici per mantenere alto il tasso di instabilità del sistema.
Detto questo, chi vivrà vedrà.