Ora i nostri bellicosi amici del Foglio non sanno fare di meglio che maramaldeggiare sul pacifista collettivo muto e sui falchi liberal senza ali. Ma è un modo ideologico e datato di impostare il problema, scusatemi. Sempre a battere lo stesso chiodo, contro la sinistra che non è in grado di compiere l’ultimo miglio della difesa dei valori occidentali e, di fronte alla guerra, si reimmerge nel suo plancton vile e panciafichista. La stessa, parallela logica dei tifosi che in rete riempiono di like le mie incertezze, ridacchiando compiaciuti: “Ecco, Velardi si è ributtato a sinistra”.
Sempre mantenendo il mio confuso stato mentale, mi permetto di dire che il problema non è questo. Destra e sinistra in questa storia non c’entrano niente, se non ad eccitare piccoli plotoni di fans. Il punto è solo e soltanto dotarsi di efficaci strategie:
1) per annientare i terroristi sul piano pratico e militare: problema che ha a che fare con l’intelligence più che con il terreno, come dimostrano gli arresti a Parigi di qualche ora fa;
2) per impedire che i terroristi facciano proseliti: cosa che avverrà solo prosciugando l’acqua torbida in cui sguazzano, che si chiama – a mio avviso – “scontro di civiltà”;
3) per dare soluzioni – politiche, diplomatiche, militari – agli intricati problemi geopolitici di una vasta area del mondo dove il fenomeno nasce: nodi da sciogliere con coalizioni amplissime, non con iniziative di singoli Stati. Sempre a mio modestissimo avviso.
Amici miei, se vi diverte tanto giocare con i soldatini, fate, nessuno ve lo impedisce. Io preferisco, invece, sostenere (e lodare) il giovane premier del nostro paese, che anche stamattina (sulla Stampa e sull’Unità) rifiuta dispute ideologiche e si muove con pragmatismo e passi felpati. Vi do una notizia: sullo scacchiere internazionale questo modo di agire si chiama politica.