La vecchia Napoli di Bassolino e del Pd

1) Non parlo di primarie. Non me ne frega niente: sono solo uno strumento di propaganda utilizzato dai partiti quando serve, interessano solo i giornali e gli addetti ai lavori. I partiti italiani sono illegali: malgrado la Costituzione la preveda, non c’è una legge che ne imponga la trasparenza finanziaria e regoli la loro vita democratica. Di conseguenza, le norme interne sono appaltate al capo di turno, che fa e disfa a suo piacimento procedure e tempistiche. Questo da sempre. Infatti, fin dal loro esordio, le primarie del Pd sono state chiuse o aperte, di partito o di coalizione, vi hanno votato i sedicenni oppure no, si sono svolte a ridosso del voto o molto tempo prima, hanno avuto (e hanno) regole locali difformi da posto a posto, etc… Così sarà, fino a quando non saranno regolate per legge e incastonate con coerenza nel sistema politico-istituzionale. Nel frattempo, potranno servire a vincere le elezioni o a perderle, solo sulla base di una loro gestione comunicativa più o meno efficace. Punto. E veniamo alla sostanza della questione napoletana.

2) Ho visto, e poi ho anche rivisto, il video di apertura della campagna elettorale di Bassolino. In una sala di S. Giovanni a Teduccio molte persone, quasi esclusivamente di una certa età, con giubbotti, cappotti e sciarpe al collo per l’improvviso freddo. Tutte sistemate in vecchie sedie di legno marrone, proprio quelle dei cinema di una volta. Lui, sorridente e pieno di energia, ha dismesso gli abiti da riposo della lunga pausa. Porta una cravatta che avrà almeno venti anni, la camicia bianca e un gilet rosso che gli ricordo addosso da una vita. Va al microfono, e lo percuote con due dita per verificarne il funzionamento: il gesto di sempre. Parla, naturalmente a braccio, da protagonista consumato, inforcando di tanto in tanto gli occhiali per scorrere le frasi-chiave preparate con cura, quelle che dovranno fare i titoli dei giornali. Il suo discorso è autoreferenziale e cifrato. Parla di sé, e si cuce addosso uno storytelling banale (da centravanti di sfondamento nel 1993 ad allenatore nel 2016) ma di sicura presa. Poi parla degli altri, lanciando messaggi agli interlocutori di partito, chiamando alla scontata levata di scudi contro le uscite di giornata dei pretoriani del Pd nazionale, invocando infine la parola ultima di Renzi. Un copione di pura politica politicante. Non una parola su Napoli, sulla sua vicenda finita male, sui perché ‘profondi’ e veri del ritorno in scena. (Nelle interviste di giornata, fa anche il furbo citando il sottoscritto: io non lo invitavo a fare presto purchessia, ma a rispondere subito a queste domande sostanziali. Cosa che non ha fatto, neppure lontanamente).

3) Parliamo ora di impressioni, di sensazioni, di sentimenti. Mi pesa dirlo, ma vedendo Bassolino a S. Giovanni e leggendo stamattina i giornali, una sola immagine emerge prepotente. Sono tutti vecchi: lui, i militanti, i Ranieri e gli Impegno, le Pagano e i giovani ormai già cinquantenni di quell’armata del nulla che è il Pd napoletano. Ma vecchi dentro, non (solo) all’anagrafe: usano parole che non si usano più, compongono concetti incomprensibili per gli umani, vivono di sistemi relazionali chiusi, non manifestano curiosità verso il mondo. Purtroppo – conoscendoli un po’, so che qualcuno si offenderà per questa generalizzazione – vi dico anche che non leggono libri all’altezza, non ascoltano buona musica, vanno poco a cinema, sono culturalmente dei dropouts. Non sono più una classe dirigente. Hanno totalmente esaurito – la ebbero, in passato – la loro spinta propulsiva.

4) Ma pensano di poter tornare – da Bassolino a tutti gli altri – perché pensano che Napoli non sia cambiata, come non sono cambiati loro. Nelle loro parole, la città sta sempre sullo sfondo, passiva e inanimata, in attesa di riaccogliere a braccia aperte una classe dirigente seria e responsabile, politicamente corretta e sobriamente pensosa degli interessi generali, dopo il caos furbo degli anni bui di Luigi De Magistris. Qui c’è il macroscopico errore di tutti. Piacerà oppure no, ma, come tutti gli organismi, Napoli è cambiata. Ha fatto di necessità (l’assenza di governo) virtù, e ha modificato comportamenti e stili di vita, risfoderando una resilienza antica, reinventandosi come città di turismo pendolare, di mercatini fuorilegge, di divieti aggirati tacitamente, di startup straccione. Una città senza sviluppo e senza regole, che si organizza in una sorta di big society alle vongole. Avendo alla sua testa un Masaniello contemporaneo, mix di proclami populisti e concreto laisser-faire. Il Pd  (come gli intellettuali cittadini, male  dentro il male) tutto questo non lo capisce. Guarda la città in disordinato movimento con il ciglio alzato. Non la conosce, non la capisce, non la vive. Per questo penso sinceramente che – Bassolino o non Bassolino, primarie o non primarie – andrà a sbattere. Dal canto suo, Renzi si occupi di Napoli, ma solo per avviare una prospettiva vera. Sarà minoritaria al momento, crescerà con il tempo. La storia non si esaurisce con la primavera del 2016.