Mi è morto un amico, sono molto triste. Si chiamava Antonio Luongo, uomo disinteressato e buono. Lo conobbi tanti anni fa, quando fui spedito a Potenza a fare il segretario regionale del Pci. Era il più intelligente tra i giovani che cercai di allevare con l’obiettivo di rinnovare l’onesto ma antico partito di Basilicata. Con lui, Filippo Bubbico, Vincenzo Folino e tanti altri vivemmo una bella stagione di passioni, battaglie e amicizia vera. Quando andai via, la leadership del nuovo partito fu sua. E lui la gestì e la consolidò con una generosità del tutto inconsueta per un politico. Dirigeva bene gli altri perché non scalciava mai per ottenere spazi per sé: ad un certo punto, in Parlamento dovettero mandarlo a viva forza. L’unico potere di cui disponeva era la sua intelligenza, grazie alla quale disegnava strategie, faceva organigrammi, metteva d’accordo le persone. Così ha guidato per più di 20 anni il centrosinistra in Basilicata, saldo, saggio e ironico punto di riferimento per tutti: forze di governo e di opposizione, maggioranze e minoranze di partito. Per il resto se ne fotteva degli onori pubblici, era trasandato nel vestire, ascoltava musica, amava mangiare bene. Quando ci vedevamo negli ultimi anni per cose di lavoro, bastavano come sempre poche parole per intenderci al volo. Poi ci fermavamo a chiacchierare, riannodavamo i fili dei ricordi comuni e sorridevamo in maniera beffarda del mondo intorno a noi.
Ciao, Antonio.