Mentre scrivo, seguo in diretta streaming il dibattito tra i candidati alle primarie di Milano. Confesso che mi interessano poco i temi, non perché non conosca Milano, ma perché mediamente chiunque è in grado di rispondere in maniera sensata a domande piuttosto insulse e scolastiche. Neppure sto a giudicare l’efficacia comunicativa dei singoli: mi pare che tutti e quattro parlano un buon italiano, appaiono sufficientemente misurati e civili, poi domani i giornali e gli inutili sondaggi ci diranno il resto.
Di questo show educato e perbene resterà una e una sola immagine: di fronte alle altre due metropoli italiane al voto in primavera, Milano si presenta stasera come un’oasi di civiltà: bella la location, poco tifoso il pubblico, brava la moderatrice, finanche i giornalisti sembrano persone normali. Ma non è un caso, è solo uno degli effetti della modernità milanese. Mentre Roma e Napoli sprofondano per l’assenza di una vera economia di mercato, la conseguente asfissia della società civile e il predominio opprimente della politica politicante, Milano è tornata ad essere negli ultimi anni una città vivace, dinamica e creativa. Talmente forte di suo che – credo – uno qualunque dei quattro potrebbe diventare sindaco senza fare particolari danni.