Sì, rompiamoci pure la testa a riflettere e ragionare. E però se basta un’elezione amministrativa un po’ così a gettarvi nel panico più nero, cari renziani d’Italia, allora qualche problema ce l’avete voi. Se vi sorbite il centesimo sermone di Ezio Mauro sull’identità della sinistra del terzo millennio senza sfancularlo con serenità, se non sopportate gli amici gufi che vi sfottono in rete, se vi fasciate la testa perché Giachetti l’hanno votato ai Parioli e non nelle periferie, se pretendevate dalla Valente un risultato brillante dopo 10 anni di disastro-monnezza, se non si trova sto cazzo di Cesare democratico che vuole EGDL, se state a compulsare i dati dell’istituto Cattaneo come se fossero Tac di Umberto Veronesi, se avete scoperto ieri notte che una nuova classe dirigente non si crea in un amen, e se tutto questo vi fa sprofondare nei più cupi vaticini sul futuro (si perderanno i ballottaggi, e poi il referendum, e poi Renzi andrà a casa, e poi torneranno Letta, D’Alema, Bersani, anzi – che dico – arriverà Grillo, ma che Grillo – diciamola tutta – tornerà la destra, o meglio Berlusconi, e allora saremo finalmente tutti contenti e potremo fare quello che sappiamo fare meglio, cioè rompere i coglioni all’umanità intera…), beh, se questo è il vostro stato d’animo, allora quasi quasi un futuro così ve lo meritereste proprio.
Certo, non siete aiutati, questo è vero. Chi scrive se l’è presa, per esempio, qualche ora fa con alcuni aspiranti sindaci per le loro uscite postelettorali: Sala che a Milano, dopo aver fatto senza gran successo l’uomo de sinistra, ora ammicca ai grillini (“Con loro temi simili”) invece di presentarsi per quello che è, un bravo manager e basta; Fassino che improvvisamente vuole lo “scontro diretto” con la Appendino, dopo essere rimasto finora arroccato nella torre eburnea della sua perbenissima torinesità; lo sciagurato Merola da Bologna che mo’ ha “la puzza sotto il naso” e intende rifiutare confronti da qui al ballottaggio. Insomma non siete solo voi, renziani di bbbase, a rischiare di perdere la testa in queste ore, se la perdono così facilmente i vostri rappresentanti (e se nessuno, da Roma, dice loro di tacere – e pensare – almeno un attimo, prima di rituffarsi nella battaglia decisiva).
E però è proprio in questi momenti che bisogna mantenere la calma, aspettando che passi la piccola nuttata. Immaginare subitanee rivincite, fare appello alla volontà, alla mobilitazione, alla militanza, allo spirito di corpo, all’appartenenza: sono tutti pannicelli caldi; servono, ma non sono la soluzione. Così come sarebbe sbagliato fare finta di niente, non vedere le difficoltà, consolarsi con il voto di Rimini, gli ottomila comuni presi e il bluff evidente dei cinquestelle.
Ora questi giorni fino ai ballottaggi trascorrano come devono: “non opporti al flusso della vita”, dice un fondamentale principio zen. Poi si ragionerà. Personalmente, ho detto qualche giorno fa che non mi va di tifare Renzi per uno “stato di necessità”, solo perché non c’è niente di meglio in giro. Penso sia un pensiero condiviso: tutti, in fondo, aspettiamo di risentire la canzone che più ci piace, la famosa “Renzi torna a fare Renzi”. Ma diamo tempo al tempo. Il ragazzo tornerà a cantarla.