‘O cummissario

Il Pd napoletano affronta la seconda fase della campagna amministrativa con qualche inchiestuccia in corso, dividendosi come una mela su chi votare il prossimo 19, e scannandosi sul prossimo commissario. Per non farsi mancare niente, oggi il partito terrà la Direzione provinciale: si può vagamente immaginare che non sarà una seduta rotariana, e che domani le gazzette si divertiranno a raccontarla. E’ vero che del ballottaggio napoletano il Pd può anche fregarsene, visto che non ci sarà. Ma che il principale partito italiano metta in piazza una simile mattanza pubblica a dieci giorni dal voto, è quantomeno discutibile. E’ un segno della totale perdita di lucidità di tutti i protagonisti, nessuno escluso.

Ciò premesso, e per provare a dare un contributo positivo, la discussione sul commissario prossimo venturo qualche curiosità la genera. Intanto perché di commissari a Napoli ne sono arrivati già negli anni scorsi, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’istituto – come dire – va profilato un po’ meglio. Non basta cioè proclamare “arriverà un commissario”. Bisogna dargli una mission.

Qui casca l’asino, perché la mission non può avere solo a che fare, evidentemente, con la repressione dei presunti crimini (politici), con il ristabilimento di un clima interno positivo o con una gestione accettabilmente democratica del partito. Ma deve ovviamente riguardare il futuro del partito napoletano (e di Napoli). Segnatamente – direi – su tre piani.

Il primo è il piano politico. Il commissario agirà  in un quadro schizofrenico. Il governo (a guida Pd) sta investendo molto sulla città, ma il Pd al momento non ne ricava alcun beneficio. Al contrario, il sindaco uscente (e probabilmente rientrante) ha finora utilizzato come una clava l’impegno del governo per incitare alla rivolta sanfedista. Come affrontare questa patente contraddizione? In un solo modo. Il commissario dovrà essere un commissario nazionale con forti poteri (politici) affidati dal centro, e insieme un sindaco-ombra. Dovrà indicare – in positivo, sempre in positivo – le vie di uscita alla crisi strutturale della città, facendo leva sul massiccio piano di interventi governativi, e parallelamente incalzando costruttivamente il sindaco per contribuire a realizzarli.

Il secondo punto riguarda l’organizzazione, ed è in fondo più semplice. Con termini ottocenteschi e ipocrisie a gogò, i dirigenti del Pd di Napoli parlano ora di “tesseramento militarizzato e lottizzato”, di vita interna asfittica e inesistente, e chiedono congressi di rifondazione, nuove militanze, circoli, partecipazioni democratiche. Ognuno lo fa – comprensibilmente – per sostituire se stesso ai poteri precedenti. Ma così non si va da nessuna parte. Il commissario Pd dovrà invece utilizzare la crisi del partito napoletano per fare quello che ancora nessuno ha fatto in Italia. Costruire il nuovo partito con i big data. Dati anagrafici, politici, sociali, culturali, etc… dei nuovi iscritti, immessi in un solo dataset, grazie al quale costruire statistiche attendibili, realizzare sondaggi d’opinione, dare una nuova qualità all’espressione “partecipazione”. Un processo gestito in maniera assolutamente centralizzata, al tempo stesso del tutto trasparente e affidabile per tutti. Altro che tesseramento e cazzate simili!

Il terzo è il punto cruciale. Il commissario dovrà – come è evidente – contribuire alla costruzione di qualcosa di nuovo e poi dovrà andar via, altrimenti che commissario è? Quindi dovrà – aulica metafora – bonificare in profondità un terreno malato, ararlo e seminare, sperando che  cresca qualche pianticina sana. Non un “gruppo dirigente plurale, articolato, etc…” (cioè la stessa roba di oggi), ma un leader o qualcosa che gli rassomigli, che si costruisca lui una squadra e si proponga in tempi ragionevoli di vincere.

Ecco. Per fare tutto questo, il commissario avrà bisogno di tempo e di risorse, anche finanziarie. Se Matteuccio vuole mettere mano a Napoli, lo faccia con questo spirito. Altrimenti lasci cuocere i napoletani nel loro brodo. Tanto Napoli non è che muore senza il Pd. I problemi sono ben altri.

PS. Ora gli scemi, che non mancano, invece di badare ai contenuti si chiederanno a chi corrisponde questo identikit. Non ne ho idea. I più scemi penseranno, e magari diranno: “Ecco Velardi che si candida a commissario”. Mi dispiace. Non ho tempo. E costo.