Di Maio, il Pd e le mamme di Pescasseroli

Qualche ora fa, nel parco giochi di Pescasseroli, dove opero a tempo pieno in qualità di nonno, due bambini si spintonano intorno ad uno scivolo; le rispettive mamme intervengono animosamente, ciascuna a difesa del proprio pargolo, più o meno ignorando l’accaduto (peraltro piuttosto confuso, come sempre in questi casi). Nessuna delle signore (fossero stati padri sarebbe stato peggio) che si senta in dovere di rivolgere una sola critica all’adorato figlioletto, che lo inviti a scusarsi, che lo impegni a non essere rissoso o a capire le ragioni dell’altro.

La scena mi provoca un certo sconforto e genera – nella frescura dei 1100 metri, al riparo da Caronte che mi dicono infuriare altrove – le classiche, note domande. Perché noi italiani (sì, generalizzo, non alzi il ditino chi si comporta diversamente) non badiamo prima di tutto ai nostri comportamenti individuali, cercando di correggerli e migliorarli, e preferiamo invece scaricare sempre sugli altri colpe e responsabilità? Perché assolviamo in automatico e per principio i nostri figli, parenti e affini, soci di clan e consorterie, andando sempre in cerca con la bava alla bocca di avversari e nemici da crocifiggere? Diverse quintalate di libri ci hanno spiegato le ragioni storiche, religiose, antropologiche e psicologiche di questo discutibile “carattere nazionale”. Ciò non toglie che la cosa ormai mi infastidisca oltre ogni limite. E – come potete immaginare – il fastidio non si ferma al parco giochi di Pescasseroli.

Prendete la politica italiana e, in particolare, le cronache di queste ore. Ieri l’aspirante leader a 5 stelle Di Maio ha fatto scandalo, primo perché ha partecipato ad un convegno di lobbisti promosso dal mio collega Bistoncini (complimenti Fabio), e poi perché ha commentato la sua presenza nel nobile consesso citando e contrapponendo lobby a suo dire cattive (quelle del petrolio o degli inceneritori) e lobby buone (quelle dell’ambiente o dei malati di cancro). Una dichiarazione incerta e goffa, da neofita della materia, contraddetta dalle successive giustificazioni e scuse, dopo che l’intero mondo gli si è rivoltato contro per aver osato accostare gli ammalati di cancro alla parolina lobby. Ma formalmente e sostanzialmente una dichiarazione giusta. Perché i malati di cancro, come i nostri simili colpiti dalla sclerosi multipla o i dializzati, i genitori degli affetti da sindrome di Down o degli ammalati psichici gravi, tutti coloro che insomma soffrono quotidianamente di patologie rare, dolorose, difficilmente curabili, da anni e anni si associano per farsi portatori dei loro interessi (non vi piace chiamarli così? Trovate un’altra parola, maledetti farisei) presso le istituzioni o presso l’opinione pubblica, chiedendo provvedimenti legislativi ad hoc o semplice sostegno finanziario. Tutto questo si chiama lobby. Non ha un altro nome.

Bravo Di Maio a dirlo, sia pure con limitata e temporanea consapevolezza. Pessimo a distinguere in maniera manichea tra lobby buone e cattive. Quando diventerà adulto, il damerino di Pomigliano scoprirà che ci sono organizzazioni di delinquenti che sfruttano in ambito sanitario la debolezza dei soggetti più deboli e sofferenti, e ci sono lodevoli lobby di imprese e produttori (i petrolieri tra questi). Ci sono associazioni cosiddette ambientaliste ciniche e ricattatorie, e bravi imprenditori che cercano di portare nelle città sistemi civili di smaltimento dei rifiuti urbani (magari glielo spiegherà la Raggi, che sta per accordarsi con il famigerato Cerroni per risolvere il problema della monnezza a Roma). Ci sono affaristi travestiti da protettori dei consumatori, e professionisti competenti e per bene che di leggi, norme e democrazia sanno cento volte di più dei caciaroni che il suo movimento ha portato in Parlamento.

Ma non è questo il punto che mi interessa. A me interessano le reazioni all’uscita di Di Maio, in particolare quelle del partito cui vanno le mie blande e laiche simpatie, il Pd. Sono state violente, becere e ottuse (sottolineo gli aggettivi, e vi risparmio il lungo elenco dei dichiaratori): nessuno che abbia operato un distinguo, che abbia cercato di capire o che abbia osato uscire dal coro e magari dire “ci fa piacere che Di Maio abbia scoperto il mondo”. No, le reazioni dei dirigenti Pd sono state pavloviane (e spero che domani il leader del Pd non si accodi alla canea). Ha parlato un nemico, quindi noi gli diamo addosso. Per di più ha parlato di un tema delicato e sensibile: ottimo, lo attacchiamo ferocemente. Anche la diffusa stampa amica gli va contro: perfetto, gli spariamo addosso a palle incatenate, così tutti capiranno finalmente di che pasta sono fatti i cinquestelle. Cretini. Cretini. Tre volte cretini. Perché avete perso l’occasione di parlare di un tema (il lobbismo) di cui dovreste finalmente occuparvi seriamente. Perché siete scesi sul piano delle invettive, invece di incalzare nel merito l’avversario.  E, soprattutto, perché ormai da tempo pensate di rovesciare efficacemente il suo momento favorevole, approfittando delle periodiche bucce di banana su cui scivola.

Amici del Pd, non sconfiggerete così il M5S, ficcatevelo in testa. Non pensate all’elefante, per dirla con Lakoff. Sconfiggerete i grillini e tutti quelli che vi sono contro (sono parecchi, al momento) se sarete più bravi. Se sulle lobby avrete voi una politica moderna e adeguata. Se per esempio a Roma, invece di prendervela come bambini con la Raggi qualunque cosa faccia a un mese dalla sua elezione, vi darete innanzitutto nuovi dirigenti. Se lo stesso farete a Napoli, a Torino e dovunque non avete brillato. Investendo su facce nuove, dando loro tempo e poteri per ricostruire una presenza accettabile sul territorio. Se il governo uscirà dalla lunga pausa riformatrice con una legge di Stabilità innovativa. Se sulle riforme progettate e/o avviate (scuola, PA, partecipate, concorrenza) non prevarranno – come sta purtroppo accadendo – spinte corporative e conservatrici. Se non ci condannerete a vivere i mesi da qui al referendum come in apnea, in attesa di un verdetto divino e insindacabile. Se riempirete il tempo con politiche attive e dinamiche, scelte coraggiose, opzioni smarcanti, novità sostanziali, piuttosto che con la propaganda dozzinale che prevale da un po’.  

Cominciate dall’assemblea nazionale di domani. Non fate come le mamme di Pescasseroli. Non accusate gli altri, non ne parlate male. Non li rincorrete sul loro terreno (errore esiziale). Provate con umiltà e dignità a parlare di voi, delle cose che non state facendo nel modo migliore, di che cosa non funziona e perché. Chiedetevi che cosa avete da correggere, tornando a fare politica. Altra via non c’è.