Le élites italiane sul Titanic

I popoli si ribellano e votano contro le élites, indipendentemente dalle scelte cui sono chiamati e soprattutto se devono pronunciare un sì o un no. E’ successo in questi giorni in Ungheria e Colombia, qualche mese fa in Gran Bretagna. Parecchi sostengono che accadrà lo stesso in Italia tra due mesi, dove la scommessa ardita di Renzi è proprio quella di far breccia anche nei sentimenti di fasce di elettori “antiélite” per vincere il suo referendum.

Vedremo come andrà a finire. E io non voglio esercitarmi in previsioni elettorali. Voglio invece esternare un mio parere – ammetto, piuttosto di pancia – sulle cosiddette élites nostrane e sui loro comportamenti, a partire da due signori che ho ascoltato strologare e (abbastanza stupidamente) ridacchiare fino a qualche minuto fa su Radio24: Giulio Tremonti, a lungo ministro della Repubblica, e Francesco Boccia, presidente della commissione bilancio della Camera. Due importanti uomini politici, a vario titolo corresponsabili dell’andamento dell’Italia, che, per una mezz’oretta e forse più,  hanno detto la rava e la fava su quello che bisognerebbe fare per l’economia italiana e mondiale, hanno parlato di Russia e di globalizzazione, di finanza e di banche, rispondendo a domande scendiletto di Minoli. Sempre mettendosi dalla parte dei popoli esclusi, dei contribuenti incazzati, del bel mondo di una volta che non c’è più E, naturalmente, in conclusione, si sono espressi l’uno (Tremonti) per il no al referendum, l’altro (Boccia) per un sì talmente sussurrato, stiracchiato, condizionato, da sembrare di più un no.

Quello che ho trovato del tutto irritante della conversazione dei due (dovrei dire dei tre), è stato il tono d’insieme: sempre ammiccante, irridente, divertito. Non li vedevo, ma li avrei trovati perfettamente a loro agio, più che in uno studio radiofonico, in un polveroso club di gentiluomini dell’Ottocento a sorseggiare the, distribuendo stizzose pagelle al mondo. O – il paragone calza meglio – a conversare in un salone del Titanic, poco prima del disastro.

Il quale disastro, sia chiaro, non riguarda l’Italia, il voto del referendum, e neppure l’economia, che farà il suo comodo fottendosene di Tremonti e di Boccia. Il disastro riguarda loro medesimi. Perché se queste élites pensano di sopravvivere ai popoli cavalcandone le pulsioni, è bene che sappiano che l’operazione non riuscirà, non può riuscire. La bestia del populismo si libererà di loro un attimo dopo aver fatto fuori la preda del momento. A Tremonti e Boccia (e agli altri membri delle nostre élites che stanno facendo il filo allo sfascismo) non resteranno neppure le briciole.

A me – per concludere e dicendolo con tutta la misura possibile – queste élites fanno piuttosto schifo. Personalmente una quota del mio voto sarà dedicata a loro, il 4 dicembre.