Questo delle brutte facce contrapposte è un gioco che non mi piace, da qualunque parte si svolga. Se un referendum è la scelta tra due opzioni, è evidente che la mela elettorale si spaccherà in due. E ognuno si collocherà da una parte o dall’altra, accompagnandosi a temporanei compagni di viaggio più o meno piacevoli. Demonizzare il Sì o il No sulla base dei politici che li sostengono è operazione banalmente propagandistica e, a mio avviso, inutile. (Così come è stupido immaginare che gli italiani voteranno in un modo o nell’altro solo per gli endorsement favorevoli di personaggi pubblici o del mondo dello spettacolo).
Su un piano più politico, al di là delle raccolte di faccine, c’è poi chi sostiene (D’Alema e altri) che in particolare questo referendum è sbagliato perché spacca in due il paese. Dimenticando che è così – appunto, by definition – in tutti i referendum. A partire dal più importante, glorioso e politico di tutti, quello del 1946 (Repubblica 54,3%, Monarchia 45,7%) ai tanti già svolti. Si rassegnino D’Alema e le preoccupate prefiche del “paese irrimediabilmente spaccato”. Un referendum così funziona.
Infine, sempre partendo dall’ipocrita preoccupazione sulla divisione del paese, c’è chi in questi giorni sta trovando il posizionamento più brillante e comodo. Siccome il referendum spacca, siccome è personalizzato su Renzi, siccome le domande non sono poste con chiarezza, siccome non si sa che cosa succederà dopo, siccome non si sa che legge elettorale si farà, siccome il dibattito referendario è confuso, siccome la gente non capisce, meglio buttare la palla fuori campo. Come fa per esempio ieri su Repubblica Michele Serra, che conclude la sua dolente nota quotidiana con un vigoroso “Abbasso il referendum”. Siccome siamo in Italia, terra di furbetti e infingardi, vedrete quanto crescerà questa nobile corrente di terzisti, di qui al 4 dicembre.
A tutti, propagandisti e tifosi, opportunisti e furbetti, direi una cosa semplice. Con serenità, senza arrampicarvi sugli specchi, scegliete quale opzione preferite, se possibile andando al merito delle cose. Se poi sto referendum non vi piace in sé, statevene a casa. Magari in silenzio. Evitando di fare la morale a coloro che hanno voglia di scegliere il futuro dell’Italia.