Tanti anni fa, quando eravamo assai giovani, passavamo giornate (e nottate) a discutere di rendita e profitto. Il profitto non ci piaceva, però persino noi (dico persino perché eravamo abbastanza irragionevoli, onestamente) capivamo che era necessario: il terribile capitalista rimetteva in circolo il plusvalore che fotteva al lavoro operaio investendo, generando crescita e ricchezza. La rendita, invece, ci faceva schifo. Era “parassitaria” per definizione. Ce la figuravamo nelle vesti del vecchio proprietario agricolo che sfruttava i suoi terreni senza migliorarli, o dello speculatore urbano che passava a fine mese a riscuotere gli affitti dei suoi appartamenti.
Passatemi questa immagine: anche questo referendum è un impietoso confronto tra rendita e profitto. Quando leggo che per il Sì sono Marchionne, Rosso, Del Vecchio, Mediaset, la Confindustria e – generalmente – gli imprenditori, i manager, i professionisti, (coloro che producono e generano ricchezza, per dirla con formula antica), non penso (perché non è vero) che questi signori sono i “poteri forti”, ma che sono quelli che fanno girare l’economia del paese, se ne fregano di Renzi, e vogliono solo che le cose funzionino un po’ meglio. Vogliono fare profitto, vivaddio, e contribuire a fare crescere il paese.
Mentre i veri poteri forti italiani sono altri. Sono quelli che impediscono l’innovazione, mettono veti e ostacoli alle riforme, creano insormontabili barriere burocratiche allo sviluppo. Sono i dirigenti statali che non vogliono che nella PA prevalga il merito, i baroni universitari che non vogliono confrontarsi con i ricercatori stranieri, i magistrati che vogliono tenere sotto ricatto permanente il sistema. Sono le mille corporazioni di questo paese che si battono per preservare i tanti piccoli, diffusissimi privilegi di cui godono, e mantengono da decenni l’Italia in una condizione di paralisi, di blocco. Questa è la rendita parassitaria del nostro tempo.
Da che parte sta la politica è superfluo ricordarlo. Oggi c’è un politico che investe sul potere di cui dispone per renderlo profittevole. Rischiando di suo, Renzi propone un cambiamento, un ammodernamento del sistema che può creare le condizioni per ripartire. Dall’altra parte ci sono tutti (tutti) gli altri politici che difendono i loro orticelli, le loro rendite di posizione, la loro possibilità di mettere veti grazie ad un qualche zero virgola. Come e forse più che negli altri campi, anche in politica lo scontro del 4 dicembre è tra rendita e profitto. Piuttosto semplice (ed è pazzesco che ci sia chi non lo capisce. O fa finta di non capire).