Da mesi discutiamo della personalizzazione di questo referendum. E, anche in questi giorni, a me capita di incontrare persone ammodo che andranno a votare giudicando il merito del quesito, rifiutando l’opzione pro o contro Renzi. Però non dobbiamo essere ipocriti, abbiamo il dovere di dirci la verità. Non era immaginabile che – nell’attuale fase di personalizzazione della politica e delle leadership a livello globale; nell’Italia faziosa e ideologica, patria dell’eterno scontro tra guelfi e ghibellini; in presenza di un leader estroverso e anche controverso di suo come Renzi – l’appuntamento del 4 dicembre potesse essere affrontato con la stessa nonchalance di un referendum sugli orologi a cucù nel Canton Ticino.
Non era immaginabile, e infatti non è avvenuto. Non perché Renzi ha “personalizzato”, ma perché Renzi è l’alfa e l’omega della politica italiana. I dati – del tutto oggettivi, non è questione di simpatia o antipatia – ci dicono che nel giro di pochissimi anni questo giovane politico di periferia si è impadronito del suo partito, portandolo a vette di consenso mai toccate; ha conquistato il governo del paese, che gestisce da quasi tre anni con indiscutibile energia e portando avanti un programma di riforme (che possono piacere o no, ma non sono la gestione stanca cui eravamo abituati); ha ridato voce all’Italia in Europa, sia pure nella crisi drammatica in cui versa la governance continentale.
E’ logico, quindi, che il 4 dicembre verrà giudicato lui, insieme alla riforma della Costituzione che ha messo al centro del suo programma. Ed è sbagliato (e perdente) che i suoi sostenitori, di fronte agli attacchi avversari, si ritraggano come impauriti dalla discussione su Renzi, sul governo, sulle cose fatte e quelle da fare. Amici del Sì, non vi nascondete dietro il Cnel e il titolo V, non subite le critiche su jobs act e buona scuola. Affrontate a viso aperto la battaglia su tutto: domenica prossima il bilancio, sappiatelo, sarà unico.
D’altro canto, nei circoli piuttosto affollati di quelli che non hanno niente da fare, la domanda del giorno è solo questa: “Che cosa farà Renzi?”. Se vince, se stravince, se perde, se straperde. Politologi e commentatori dello zero virgola sostengono che ad ogni percentuale corrisponderà una decisione. Salirà sul Colle per dimettersi. O per autonominarsi Imperatore. Magari per essere reincaricato. Oppure per una tranquilla chiacchierata con Mattarella, prima di tornare al lavoro il lunedì mattina. Di una cosa si può essere più che certi. Il 5 mattina il vostro leader resterà il protagonista della politica italiana.